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Roberto D'Alimonte, la profezia su Silvio Berlusconi: "Resterà con Salvini e Meloni fino all'elezione del presidente della Repubblica"

Fausto Carioti
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Le elezioni comunali hanno segnato la vittoria dei candidati del Pd in tutte le principali città, ma sbaglierebbero Enrico Letta e gli altri dirigenti del Nazareno a credere che questo risultato sia automaticamente trasferibile al voto per il rinnovo del parlamento: troppe cose saranno diverse. L'avviso viene da Roberto D'Alimonte, studioso dei partiti con una lunga carriera accademica che lo ha visto anche a Stanford e Yale, nonché fondatore del Cise, il Centro italiano studi elettorali della Luiss. «Le elezioni politiche», spiega a Libero, «sono un'altra cosa rispetto alle amministrative».

 

 

 

Cos'è che rende questi due appuntamenti così diversi, professore?

«Tanto per cominciare, alle politiche gli elettori che andranno alle urne saranno molti di più, e sappiamo che in questa tornata l'astensionismo ha danneggiato il centrodestra e soprattutto la Lega. Saranno di più anche perché si voterà dappertutto, nei piccoli comuni come nei grandi, e nei piccoli centri il centrodestra va meglio. Non scordiamo che il quaranta per cento della popolazione italiana vive in piccoli e piccolissimi comuni, e che questa quota è alta soprattutto al Nord».

Il Pd è quindi ancora il partito dei ceti abbienti che abitano nei centri storici? A sentire il ministro Andrea Orlando, leader della sinistra dem, il problema è ormai risolto.

«Il Pd sta sforzandosi di uscire dal perimetro della Ztl, ma non c'è ancora riuscito del tutto. Nonostante gli sforzi del ministro Orlando».

Se si andrà a votare con l'attuale sistema elettorale, per la vittoria saranno decisivi i collegi di Camera e Senato, da assegnare con un turno secco. L'assenza di ballottaggi può essere un altro vantaggio importante per il centrodestra?

«Sì. In generale il centrodestra ha più difficoltà del centrosinistra a mobilitare i propri elettori al secondo turno. Le uniche volte in cui questo non è sempre vero è quando riesce a mettere in campo candidati attraenti».

Peraltro, c'è chi lavora per cambiare la legge elettorale. Pd e Lega stanno studiando un sistema che abolisca i collegi e preveda il premio di maggioranza per la coalizione che supera il 40% dei voti. A chi converrebbe?

«Secondo me un sistema simile converrebbe innanzitutto al Paese, perché garantirebbe che chi arriva primo abbia la maggioranza assoluta dei seggi, cosa che con il sistema elettorale in vigore non è affatto certa. In questo modo sarebbero i cittadini a scegliere "direttamente" chi li governerà. Non conviene, invece, a tutti quei terzi poli, o aspiranti tali, che vorrebbero essere decisivi per fare il governo nel caso in cui il voto non determinasse un vincitore».

È comunque probabile che si vada a votare con il sistema attuale, che come lei ricorda non garantisce affatto che chi prende più voti riesca a governare. Se fallisse di nuovo, cosa dovremmo attenderci da Silvio Berlusconi e da Forza Italia, dove c'è chi ritiene Matteo Renzi e Carlo Calenda alleati migliori dei "sovranisti"?

«Nel caso che lei prospetta il governo si farebbe dopo il voto. In quel caso, tutto dipenderà dai numeri che usciranno dalle urne. I piccoli partiti collocati al centro, compresa Forza Italia, avrebbero un ruolo decisivo, a meno che Pd, M5S e Lega decidessero di accordarsi tra loro, cosa che mi sembra altamente improbabile. In ogni caso, di sicuro, non basterebbe a Berlusconi un accordo con Renzi e Calenda per fare il governo. Sarebbe una partita molto complicata».

 

 

 

Che rischierebbe di paralizzare il Paese in un momento delicato, visto che l'Italia, ancora a lungo, sarà sommersa dal debito e dagli impegni contratti con la Ue.

«È un pericolo che c'è. Anche per questo è meglio che siano gli italiani, col loro voto, a decidere il governo, grazie a un sistema elettorale che assicuri la maggioranza assoluta dei seggi a chi ottiene la maggioranza relativa dei voti, a patto che raggiunga almeno la soglia del 40%».

Con quel 7% che i sondaggi assegnano oggi a Forza Italia, Berlusconi è ancora indispensabile a Lega e Fdi?

«Sì. È indispensabile per vincere nei collegi uninominali se resta questo sistema elettorale e sarebbe indispensabile per vincere il premio di maggioranza se il sistema cambiasse. E sarà indispensabile anche nel caso in cui, come dicevamo, le elezioni non determinino un vincitore e la maggioranza di governo si debba fare dopo il voto. Lo hanno capito bene anche Salvini e Meloni. L'incontro a casa di Berlusconi a Villa Grande ne è la prova lampante».

Gliel'ho chiesto anche perché in Forza Italia ci sono spinte per mollare subito Salvini e Meloni, e dare vita ad un raggruppamento centrista con Iv, Azione ed altre sigle. Crede che a Berlusconi possa interessare?

«Fino alle elezioni del presidente della repubblica è certo che Berlusconi resterà insieme a Salvini e Meloni, perché spera di poter salire al Quirinale. Dopo febbraio 2022 tutto è possibile. Dipenderà dai sondaggi. Se in prossimità delle elezioni indicassero che il centrodestra può ottenere la maggioranza assoluta dei seggi, il centrodestra resterà unito. Se invece i sondaggi non fossero favorevoli, Berlusconi potrebbe essere tentato da una strategia "terzo polista"».

Il ministro forzista Brunetta propone «un'alleanza europeista di governo tra popolari, liberali e socialisti». L'embrione del "partito di Draghi", insomma, o qualcosa che gli assomiglia molto. Lei ci crede?

«No. È un progetto auspicabile per certi aspetti, ma non credo che andrà mai in porto. Un grosso ostacolo su questa strada è il sistema elettorale. E poi Brunetta dimentica quello che è successo nei giorni scorsi a Villa Grande».

Nella Lega c'è invece chi chiede a Salvini di uscire dal governo. Non si correrebbe il rischio di regalare Fi a Renzi e Calenda, e magari pure al Pd?

«Non credo alla possibilità che Salvini si sfili dal governo Draghi. Tanto più dopo il recente incontro a Villa Grande. Ma se lo facesse, certo, si aprirebbe uno scenario nuovo, e non credo proprio che Berlusconi seguirebbe Salvini. A quel punto il Cavaliere dovrà decidere se alle politiche si vorrà presentare insieme a Lega e Fdi oppure puntare a correre da solo, nella speranza che il voto non dia né alla coppia Salvini-Meloni né al centrosinistra la maggioranza assoluta. In questo secondo caso è plausibile un accordo post-elettorale, non pre-elettorale, con Renzi e Calenda. Quale tra queste opzioni sceglierà Berlusconi, non lo sa nemmeno lui, in questo momento. Tanto meno io».

 

 

 

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