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Quirinale, Giorgia Meloni ed Enrico Letta: quella strana sintonia sul "no" a Silvio Berlusconi

Elisa Calessi
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Divisi su molto, se non su tutto, dal Green pass alla manovra, dalla gestione della pandemia al governo Draghi, alla fine Giorgia Meloni ed Enrico Letta si ritrovano su un punto, non da poco, che riguarda l'elezione del prossimo presidente della Repubblica. Nessuno dei due pensa (vuole osi augura) che Silvio Berlusconi possa essere eletto al Colle più alto. L'inattesa convergenza accade, come spesso in passato, in quello che ormai è diventato un rituale della politica: la presentazione dell'ultimo libro di Bruno Vespa, "Perché Mussolini rovinò l'Italia (e come Draghi la sta risanando)".

Come vede l'elezione di Berlusconi al Quirinale?, le chiede il giornalista e conduttore televisivo, verso la fine dell'evento. «Non penso sia facilissima», risponde, sincera, la leader di FdI. «Berlusconi è un mio alleato ed è una persona alla quale sono legata ma l'elezione di Berlusconi non è una cosa facilissima, basta guardare i numeri». Ma è la frase successiva a rendere quella che poteva apparire una semplice constatazione, qualcosa di più: il fatto, dice Meloni, che abbia «risposto per primo all'appello di Letta per trattare insieme, l'ho interpretato come un passo indietro». Peccato che dalle parti del Cav nessuno l'abbia, finora, interpretato così. Anzi, si continua a raccontare di un attivismo notevole.

 

 

REPLICA DEGLI AZZURRI - Che la lettura della leader di FdI non abbia fatto piacere dalle parti di Berlusconi, lo prova, poco dopo, il commento che filtra da fonti di Fi: piena disponibilità a discutere con gli altri partiti della maggioranza della legge di bilancio. Ma «è assolutamente prematuro discutere di Quirinale». I due piani sono «divisi» e «il centrodestra sarà unito». Al Tempio di Adriano, con una platea contata a causa delle restrizioni, Letta e Meloni sono presentati dall'autore come coloro che si contendono la palma di guidare il primo partito italiano, nonché aspiranti a Palazzo Chigi. Meloni ci sta e contraccambia. «Ormai io e Letta siamo una compagnia di giro, è già il secondo libro che presentiamo insieme». Dice, poi, di avere «molto apprezzato» il fatto che Letta ha assicurato di non voler tornare al proporzionale. «Se non ci sta il Pd, comunico ufficialmente che il proporzionale non si fa». Letta, con qualche incertezza, ma conferma l'impegno e, dal canto suo, dice di approvare il fatto che Draghi incontri periodicamente Meloni per discutere con lei di molti temi. Su Green pass e vaccini, i due si stuzzicano («Il Pd è per Draghi, come prima era per Conte», punzecchia la leader di FdI).

 

 

MANOVRA E TOSSINE - Ma è sul Quirinale che tornano ad avvicinarsi. Letta ribadisce che che «il presidente della Repubblica dovrebbe essere eletto sempre, ma in questa situazione storica ancora di più, con la più larga convergenza delle forze politiche. È un fatto di buonsenso». Cerca, però, di sfilarsi dall'argomento. «Un dibattito sul Quirinale creerebbe una serie di tossine che andrebbero a impattare su quello che dobbiamo fare». Si cerchi sulla manovra la più ampia convergenza, poi vedremo sul resto. E a Vespa che prova a coglierlo in fallo, sostenendo che gli risultano contatti tra lui e Berlusconi, Letta risponde con un secco «no», chiosato dal padre di Porta a Porta così: «Forse era l'altro Letta...».

 

 

Dal canto suo, Meloni ricorda che il centrodestra «ha le carte in regola per dire la sua sul Quirinale». Ma non per eleggere un «presidente amico», aggiunge subito dopo. «Per me l'obiettivo», precisa, «è eleggere un presidente amico della Costituzione italiana, che la faccia rispettare a tutti». Parole che sembrano tracciare un identikit che corrisponde perfettamente a quello dell'attuale premier. Il che confermerebbe una voce che gira nel Palazzo: Meloni ha tutto l'interesse a che Draghi sia eletto presidente della Repubblica, perché l'ex presidente della Bce garantirebbe quegli ambienti nazionali e internazionali che vivono con terrore l'ipotesi di Meloni a Palazzo Chigi. Detta in altre parole: è la sua assicurazione per poter sperare di diventare, un giorno, premier. A conferma che l'orizzonte di Meloni siano le Politiche, subito dopo ha definito «indegna» l'ipotesi che, in caso Draghi sia eletto al Quirinale, si tenti di formare un altro governo per arrivare alla fine della legislatura. Anche se, realisticamente, ha detto di metterlo in conto. Letta, anche su questo, si sottrae: «Ne parleremo quando si porrà il problema». Un passo alla volta. Intanto, al Tempio di Adriano, un passo si è fatto. 

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