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Giuseppe Conte, "Volevano assumermi, ma...". Dopo Palazzo Chigi ecco quale poltrona d'oro ha rifiutato l'ex premier

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Salvatore Dama
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Giuseppe Conte ha rifiutato incarichi per alcune multinazionali subito dopo l'addio a Palazzo Chigi. «Ho avuto proposte economicamente molto vantaggiose, e avrei potuto accettarle perché non c'era una proposta concreta» ha spiegato ieri il capo dei Cinquestelle. «Tuttavia ho preferito declinarli perché una volta che mi sono predisposto ad assumere un ruolo politico, ho preferito non mischare affari e politica». Insomma, pur di guidare i grillini ha detto no a nuovi posti di lavoro prestigiosi. Una volta decisosi a guidare il partito, Conte ha però inanellato una serie di gaffe e sconfitte interne. Continuando la metamorfosi del Movimento 5 Stelle. Già negli ultimi tempi i grillini hanno perso quote di verginità importanti. Ultima, in ordine di tempo, l'adesione al finanziamento pubblico, assicurato dal 2 per mille raccolto con le dichiarazioni dei redditi.

 

 

Ora la nuova frontiera è l'addio alla regola dei due mandati, che impedisce ai dirigenti grillini di candidarsi una terza volta e, quindi, di passare dal "turismo politico" al professionismo vero e proprio. Il limite, in realtà, è già saltato per gli amministratori locali un po' di tempo fa. Ma ora potrebbe riguardare anche i parlamentari.  Conte non conferma, ma neanche esclude: «Adesso non mi esprimo, perché presto dirò quel che penso, voglio però prima ascoltare tutte le componenti del Movimento». Il leader prende tempo: «Ci faccia aprire la discussione, ora tra legge bilancio, elezione del Presidente della Repubblica e altri impegni.... Quando saremo sgombri da queste urgenze ci metteremo insieme e rifletteremo come comunità, e come sempre atterreremo al voto offrendo alternative agli iscritti». Il principio, voluto da Grillo e Casaleggio, è giusto, premette Conte, «è un'intuizione rivoluzionaria, la politica non deve diventare un mestiere. Se è un servizio, allora non può essere permanente. Poi per carità, della durata si può discutere». Magari invece di due i mandati possono diventare tre o quattro.

 

 

E questo metterebbe al riparo buona parte della classe dirigente attuale del M5s, a partire da Luigi Di Maio, che è arrivata a scadenza. Conte, ospite di Adnkronos Live, smentisce i dissidi con il fondatore: «Smettiamola di tirare per la giacchetta Beppe Grillo, che io ascolto costantemente. Quando lui ha qualcosa da dire la dice e ci sentiamo...». Nessuna sovrapposizione con i canali social dell'ex comico, assicura: «Credo che i canali che appartengono a Beppe, frutto del suo lavoro di tanti anni, siano il naturale strumento per diffondere il nostro messaggio politico. Il suo blog è quello più compatibile con i valori e i principi del Movimento. Ci sto lavorando, per trovare una formula che sia più efficace possibile».

Quindi Conte apre il capitolo Quirinale. E chiarisce nuovamente il suo rapporto con Silvio Berlusconi: «Non è vero che lo sento spesso. Lo rispetto, ma non sarà il nostro candidato» al Quirinale, «noi non lo voteremo». A differenza degli altri grillini, l'ex premier ci tiene a sottolineare di «non aver mai demonizzato in passato Berlusconi, io ho sempre pensato che il conflitto di interessi gli abbia nuociuto». Se non sarà Silvio il successore di Mattarella, non lo sarà neanche Draghi: «Lo spostate dappertutto», risponde al giornalista, «prima da Palazzo Chigi al Colle, ora in Europa... il premier ha sicuramente prestigio», ma non può svolgere più compiti contemporaneamente. Nella partita del Quirinale, comunque, Conte vuole dialogare con tutti, anche con Matteo Salvini e Giorgia Meloni. 

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