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Mario Draghi al Quirinale, saltato tutto? Dagospia, girano voci: "Che figura di m***a, sono tutti incaz***i"

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"Più che una conferenza di fine anno, quella di Draghi è sembrata una conferenza di fine mandato". Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia, "battezza" così il discorso di fine anno del premier Mario Draghi, bocciandolo sonoramente: "Due ore e mezza di auto-celebrazioni: dice tra le righe che i suoi obiettivi sono stati raggiunti, ma questo non ci risulta da nessuna evidenza. Nessuna ammissione di colpa, invece, sugli errori e le contraddizioni del governo". Non sorprendono le parole della leader di FdI, l'unico partito all'opposizione. Sorprendono invece le reazioni degli altri partiti, assai tiepide di fronte alla ipotesi affacciata (tra le righe) dal premier di trasferirsi al Quirinale tra poche settimane. 

Quella frase ("Sono un nonno al servizio della Repubblica") secondo Dagospia è il segnale della sua candidatura quasi formale, in coppia con le altre pesantissime parole cifrate sul governo che "ha creato queste condizioni indipendentemente da chi ci sarà. L’importante è che il governo sia sostenuto da una maggioranza come quella che ha sostenuto questo governo, ed è la più ampia possibile. È una maggioranza che voglio ringraziare molto".

Il guaio è che, anche di fronte alla minaccia-rassicurazione di Draghi sulle elezioni anticipate da sventare ("È essenziale che la legislatura vada avanti fino al suo termine naturale"), i leader di partito sembrano assai scettici e non intenzionati a correre il rischio. Matteo Salvini, ad esempio, è il primo a dirlo a chiare lettere, intorno alle 19: "Un governo che ha ben lavorato, guidato da una personalità autorevole come Draghi, credo che debba poter andare avanti: se togli una casella autorevole come Draghi del doman non ci sarebbe certezza. È una maggioranza complessa da gestire? Sì. Draghi tiene insieme tutto questo, chiunque non sia Draghi avrebbe molta più difficoltà". Tradotto: resti a Palazzo Chigi, perché dal Quirinale non potrà garantire la tenuta politica della maggioranza. 

E gli altri? "Ovvio che sono tutti inc***zati - assicura Dagospia -. A partire da Berlusconi che da una parte ci credeva davvero della possibilità di diventare re d’Italia o, in seconda battuta, una volta sconfitto, trasformarsi in king maker e lanciare alla sinistra una candidatura gradita: quella di un Giuliano Amato. Ora le carte le dà Draghi e il Cavalier Banana è rimasto con il cerino in mano". Anche Enrico Letta e Giuseppe Conte masticano amaro, mentre Salvini e Renzi sono "i cavalli matti" della situazione. "Il primo, per salvarsi dalle unghie della Meloni, sa benissimo che il para-guru deve restare premier. Il secondo è capace di tutto, di più. Insieme potrebbero rispedire al mittente la disponibilità di Draghi di salire al Quirinale".

Si apre dunque uno scenario di grande turbolenza, forse di conflitto tra le malcelate ambizioni del premier e i fondatissimi timori dei leader politici. Se Draghi "non raggiunge i voti necessari farebbe una figura di mera***a di fronte al mondo e l’immagine dell’Italia andrebbe a scatafascio - conclude sempre Dago -; se riuscisse a farsi eleggere, quanto vita avrebbe la stabilità del governo?

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