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Giancarlo Giorgetti beccato alla Camera: con chi sta parlando. Quirinale, fonti certe: "Saltano le alleanze"

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Poche ore prima della chiusura dei lavori per Capodanno, alla Camera si parlava ancora assiduamente, in via informale, del Quirinale. E non è sfuggito ai più maliziosi in colloquio strettamente riservato tra Giancarlo Giorgetti, numero 2 della Lega e ministro dello Sviluppo del governo Draghi, e Piero Fassino, esponente del Pd. Ovviamente impossibile sapere cosa si siano detti, visto che sul tema le bocche sono più che cucite. Poche ore dopo il confronto "sussurrato", il presidente Sergio Mattarella ha di fatto ribadito a reti unificate il suo addio al Colle, chiudendo la porta al bis tanto auspicato da Enrico Letta e dai democratici.

 

 

 

 

Ma, suggeriscono fonti ben informate, il pressing sul Capo dello Stato uscente non è ancora finito e durerà forse fino a metà gennaio, a ridosso delle convocazioni dei Grandi elettori. Anche perché un ulteriore, infausto aggravamento dell'emergenza Covid potrebbe favorire i sogni di chi vorrebbe congelare la situazione politica attuale per qualche altro mese, magari fino a fine legislatura nel 2023.

 

 

 



Di sicuro, al rientro dalle vacanze, i parlamentari si ritroveranno a dover affrontare lo scoglio più delicato. Con il rischio che fibrillino ancor di più alleanze e schieramenti. Al momento il centrodestra è fermo sulla candidatura (non ufficiale) di Silvio Berlusconi. Ma alla Camera e al Senato si stringe sui conti e anche se il Cavaliere ha fatto sapere di avere un "pacchetto" di voti aggiuntivi prevale tra i parlamentari la perplessità di riuscire nell'impresa di eleggere il presidente azzurro. Pd e M5s hanno lanciato da tempo messaggi precisi, se si insiste con Berlusconi c'è il rischio che crolli tutto e si vada alle urne. E se un "big" pentastellato si dice convinto che una pattuglia di almeno venti parlamentari è pronta a votare l'ex premier ("Anche per dispetto a Conte...", spiega la stessa fonte) in Fratelli d'Italia, nella Lega e nella stessa FI, si sostiene che potrebbero venire a mancare almeno il doppio proprio dal serbatoio della coalizione. "Chi non è nel cerchio magico di Berlusconi potrebbe non votarlo, soprattutto per la paura delle urne", osserva un deputato azzurro.

 

 

 



Il sospetto poi è che possa sfilarsi chi è fuoriuscito da Forza Italia e defezioni possano esserci, per esempio, anche nella Lega e tra i centristi. "Per questo motivo - spiega un esponente di Fdi - noi abbiamo chiesto di ragionare anche su un piano B". Ma per ora non sono previsti schemi alternativi, il Cavaliere insiste, convinto che si possa provare sul suo nome alla quarta votazione. E anche i nomi - come per esempio quello dell'ex presidente del Senato Marcello Pera - che vengono sondati perfino dal Movimento 5 stelle non vengono considerati sul tavolo. "Se dovesse saltare il nome di Berlusconi sarebbe difficile mantenere poi l'unita' della coalizione", dice un esponente di primo piano del centrodestra. Schermaglie in vista anche nell'altro fronte. Parlero' con il Pd, si e' congedato Conte dai suoi vicepresidenti e ministri nell'ultima riunione M5s tenutasi sul Colle.

 

 

 

 

 

Ma se da giorni tra i dem filtra irritazione per quella che viene considerata una fuga in avanti del Movimento che punta a candidare una donna, tra i 'big' M5s al contrario si considera la posizione del partito del Nazareno ambigua. La prima considerazione che emerge nei capannelli dei pentastellati in Transatlantico è che Matteo Renzi ha ragione nel dire che sull'elezione del presidente della Repubblica non vale il "vincolo" di alleanze. La consapevolezza tra i pentastellati è che debba essere trovato un'intesa al di fuori del perimetro con il Pd e Leu. "Anche perché il Pd è da sempre - spiega una fonte M5s alla Camera - il partito del presidente della Repubblica ma questa volta non puo' dare le carte...". Ed ecco perché il dialogo con Giorgetti (da sempre considerato il più vicino a Draghi nella Lega e nel centrodestra in generale) è obbligato, nonché segnale significativo.

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