Cerca
Logo
Cerca
+

Mario Draghi, Vittorio Feltri: "Le dimissioni non stupirebbero", voci dalle sacre stanze

Vittorio Feltri
  • a
  • a
  • a

È noto a chiunque che la rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale è avvenuta pressoché all'unanimità per un solo motivo: evitare con cura lo scioglimento del Parlamento, che avrebbe significato il siluramento di numerosi deputati e senatori, senza contare che ciascuno di costoro sarebbe stato costretto a rinunciare in anticipo alla indennità di carica nonché alla pensioncina prevista per i rappresentanti del popolo solo alla scadenza naturale del mandato, non prima.

 

A meno di un mese dal ritorno sul Colle del vecchio presidente, appunto riconfermato, ai politici adesso ballano i cerchioni perché Draghi si è rotto le scatole di prendere decisioni in Consiglio dei ministri e di vedersele poi contestate da vari partiti inconsapevoli che un esecutivo serio abbisogna di essere sostenuto collegialmente e non sgambettato. Il premier comincia ad essere indispettito dalla indisciplina di gente che si ribella ad ogni provvedimento assunto a Palazzo Chigi. Cosicché il banchiere giustamente dà segni di insofferenza e minaccia di andarsene qualora non si plachino le polemiche. Nei panni di Draghi agiremmo come lui che non si diverte a dirigere una baracca scalcinata quanto quella affidatagli. A questo punto, dato che la maggioranza si è trasformata in un serraglio di litiganti, non stupirebbero le dimissioni dell'ex capo della Bce, della cui pazienza mi pare si stia abusando. 

Nel qual caso sarebbe indispensabile ricorrere in primavera alle urne affinché siano gli italiani a decidere chi debba guidare il paese, proprio ciò che i nostri politici hanno fatto di tutto per evitare fino a qualche settimana fa. Sarebbe una conclusione politica paradossale, ma dato il clima del Palazzo essa appare molto probabile, anche se non certa. A noi, che non incassiamo un euro dallo Stato per fare quattro chiacchiere a Montecitorio e all'altra Camera, quella senatoriale, non darebbe alcun fastidio se venissero riaperti i seggi onde rieleggere il plotone dei parlamentari, anzi, ne saremmo lieti per una semplice ragione: siamo persuasi che il momento più alto della democrazia sia quello del voto. E sfidiamo chiunque a smentirci. 

 

Quando una nazione traballa e non riesce a darsi una linea di condotta compatibile con la stabilità, non rimane altro da fare che consultare i cittadini, che non sono fenomeni di intelligenza, ma sono i soli a legittimare chi possa comandare e chi debba ubbidire. Attendiamo gli sviluppi di questa situazione caotica e nebulosa, ma mentre scriviamo tocchiamo ferro. Intanto ringraziamo Draghi per essere ancora lì a dirigere la banda di sifoi (degli zufoli).

Dai blog