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Alexei Paramanov, l'ex console russo punito da Draghi: retroscena, così Conte e Di Maio sono stati umiliati

Gianluca Veneziani
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Di Maio dà, Di Maio toglie. Conte invece diede, ma dimentica di aver dato. E incolpa Di Maio di ogni male. Sembra la traccia di una commedia dell'assurdo, invece è cronaca politica, va da sé, di marca grillina. Il ministro degli Esteri concesse due anni fa l'onorificenza di Commendatore dell'Ordine della Stella d'Italia (o dei Cinque Stelle?) ad Alexei Paramonov, alto diplomatico russo; Conte invece aveva già conferito due anni prima un'altra onorificenza, quella di Cavaliere, allo stesso personaggio. Ora entrambi si sono resi conto di aver commesso un errore madornale e cercano, chi meglio chi peggio, di salvarsi la faccia.

 

 

Paramonov, ex console e ora capo del Dipartimento Europa del ministero degli Esteri russo, è infatti colui che qualche giorno fa ha usato frasi non proprio cordiali all'indirizzo del nostro ministro della Difesa Guerini, accusandolo di essere «un ispiratore della campagna antirussa», e minacciato l'Italia di «conseguenze irreversibili», ossia di chiudere i rubinetti del gas destinato al nostro Paese. Ebbene, dopo la denuncia da parte di Libero e di alcuni politici dell'assurdità di conservare quell'onorificenza, Di Maio ha fatto marcia indietro e deciso di ritirare il riconoscimento. Chissà, magari avrà pure negato di aver mai elargito quel titolo a quel tale: Paramonov chi?...

 

 

Di certo, ieri il titolare della Farnesina ha convocato una commissione ad hoc per esaminare tutte le onorificenze concesse a cittadini russi, tra i quali appunto il diplomatico, e avviare l'iter per la revoca. Ma Giggino era in buona compagnia quanto a scarse doti di avvedutezza. Anche l'ex premier Giuseppe Conte aveva assegnato un'onorificenza a Paramonov nel 2018, nominandolo Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica italiana. Solo che adesso lo Smemorato di Volturara Appula rinnega di aver mai concesso quel riconoscimento e scarica tutte le responsabilità su Di Maio. «Non ricordo il nominativo di questo Paramonov», avverte il leader M5S, «ma dai riscontri effettuati risulta che le onorificenze gli sono state consegnate su proposta del ministro degli Esteri e la consegna della stella d'Italia è stata concessa dal ministero degli Esteri senza coinvolgere la presidenza del Consiglio».

 

 

Basta però consultare il sito del Quirinale, che formalmente ha conferito quei riconoscimenti, per rendersi conto che la proposta di fare Cavaliere Pararmonov arrivava direttamente dalla presidenza del Consiglio nel 2018, cioè da Giuseppi. Più seriamente il successore di Conte, Mario Draghi, si è accorto che continuare a chiamare cavaliere uno che dichiara guerra all'Italia suona come una scelta autolesionista. E allora, come fanno sapere fonti di Palazzo Chigi all'AdnKronos, anche il premier è al lavoro sulla revoca del cavalierato a Paramonov. Scelta che segna una sconfessione politica forte di chi lo ha preceduto e la messa di fronte alle sue (ir)responsabilità. Ora Paramonov magari non si fascerà la testa, ma il Commendator Cavalier Gran Diplomatic Figl di Putin, per dirla con Fantozzi, si ritroverà con due medagliette in meno da appuntarsi al pezzo. Lui però almeno passerà alla storia come Paramonov, gli altri rischiano di essere ricordati come Paraculi. 

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