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Giuseppe Conte, una bomba da 400mila euro sotto la sua sedia: il verbale che può spazzarlo via

Filippo Facci
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Invece che chiedere a Mario Draghi di rinnegare gli impegni con la Nato, Giuseppe Conte potrebbe chiedere ai magistrati di negare gli impegni (suoi) con la Loggia Ungheria, visto che nessun altro si decide a farlo al posto suo: tanto meno l’imprenditore Fabrizio Centofanti, di cui sono spuntati i verbali dell’interrogatorio del 30marzo 2021 a Perugia nei quali ha confermato di aver dato un incarico da 400mila euro proprio a lui, Giuseppe Conte, per garantire alla società Acqua Marcia l’omologa del concordato da parte del Tribunale fallimentare di Roma. Centofanti all’epoca era responsabile delle relazioni istituzionali e degli affari legali di Acqua Marcia, e l’incarico, secondo il faccendiere Piero Amara - che per primo rivelò l’esistenza della presunta Loggia Ungheria - doveva assicurare il buon esito della pratica: ma questo rimane da dimostrare. Nell’attesa, Centofanti ha dato le sue conferme: «Al professor Conte dovevo dare un incarico per la valutazione del rischio del contenzioso,non ricordo esattamente quali incarichi fui io a firmare, in quanto, dopo poco tempo, lasciai il gruppo. Certamente, ho dato al professore un primo incarico per la controllata Acquamare. Ricordo che il piano complessivo era dare a Conte l’incarico di valutare tutto il rischio del contenzioso del gruppo». Ma perché fece questo?

 

 

E MOTIVAZIONI
«Piero Amara mi chiese di dare un incarico al professor Conte», ha aggiunto Centofanti, «perché amico non ricordo esattamente di chi. In realtà, già in precedenza rispetto al colloquio con Piero Amara, il professore Guido Alpa mi aveva proposto il nome del professore Conte». Guido Alpa che a sua volta ricevette altri incarichi da Centofanti. «Effettivamente, l'avvocato Piero Amara venne a parlarmi della nomina di Giuseppe Conte che io avevo già individuato in via autonoma». Tutte le strade, insomma, portavano a Conte, con il quale «nacque un rapporto di stima e cordialità, tanto che ci affidò l'organizzazione di alcuni convegni». Tutti contenti. Acqua Marcia era controllata da Francesco Bellavista Caltagirone, e le dichiarazioni di Centofanti coincidono con quelle di Piero Amara, secondo il quale «l'importo che fu corrisposto da Acqua Marcia a Conte era di 400mila euro… l'ho saputo da Centofanti che si arrabbiò molto perché il lavoro era sostanzialmente inutile trattandosi della rivisitazione del contenzioso della società, attività che fu svolta da due ragazze in poche ore, e l'importo corrisposto fu particolarmente elevato», aveva aggiunto. La parte dell’arrabbiatura Centofanti non l’ha confermata, l’incarico sì. «Quel compenso era il minimo», si è difeso Conte,e «tutte quelle parcelle hanno passato il vaglio del tribunale e dei commissari giudiziali nominati dai giudici fallimentari».

 

 

LE PERQUISIZIONI
Resta chela Guardia di Finanza, i primi dell’anno, è andata a casa di Conte per dare un’occhiata a fatture e documenti delle consulenze: non è nota la data precisa (il quotidiano Domani ne diede notizia il 2 febbraio scorso) ma il mandato è stato della Procura di Roma appunto per «circa 3-400mila euro» di consulenze svolte per società di Francesco Bellavista Caltagirone. Eguali perquisizioni avrebbero riguardato gli avvocati Enrico Caratozzolo e Giuseppina Ivone, che lavorarono con Alpa e Conte al concordato di Acqua Marcia: e anche questo conferma il verbale di Centofanti pubblicato da Libero: «Ho dato gli incarichi perla predisposizione del concordato», ha detto l’imprenditore ai magistrati, «all’avvocato Guido Alpa,all’avvocato Giuseppina Ivone e all’avvocato Enrico Caratozzolo; mentre per il professor Conte dovevo dargli un incarico per la valutazione del rischio del contenzioso». Conte aveva poi fatto sapere che comunque i suoi guadagni «erano stati incassati solo in parte».

 

 

Il fascicolo in ogni caso sarebbe a modello 44, cioè senza indagati, come hanno confermato alcune fonti vicine ai Cinque Stelle. Va ricordato, in ultimo, che ai ritardi con cui giungono o giungeranno tutti i chiarimenti del caso – da parte di Giuseppe Conte e della magistratura – forse non è estranea la gestione dei verbali di Piero Amara fatta a suo tempo dal quotidiano diretto da Marco Travaglio. Per oltre un anno, per «non compromettere le indagini» (novità assoluta, da quelle parti) il Fatto ha imboscato le dichiarazioni dell’avvocato Amara sulla loggia Ungheria: una scelta che ha soltanto tutelato Giuseppe Conte all’epoca in cui era presidente del Consiglio. Il magistrato Michele Vietti «mi chiese di far guadagnare denaro ad avvocati e professionisti a lui vicini», ha detto Amara, «e avvenne in quel periodo con l’avvocato Conte, oggi premier, a cui facemmo conferire un incarico dalla società Acqua Marcia spa di Roma, incarico che fu conferito a lui e al professor Alpa grazie al mio intervento su Fabrizio Centofanti». Ma questo il Fatto lo pubblicò soltanto il 17 settembre 2021. Inoltre, sulle pagine del quotidiano, i vari nomi citati nei verbali erano evidenziati in grassetto tranne che nel caso dell’allora presidente delConsiglio.C’erano tutti i nomi dei presunti aderenti alla Loggia Ungheria:magistrati, avvocati, politici e militari. Tutti in grassetto. Conte no. Che fosse personaggio di poco peso era già opinione diffusa.

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