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Enrico Letta, la mossa della disperazione: con chi vuole ricucire, conferme dal Nazareno

Elisa Calessi
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Aspettiamo i ballottaggi, poi discutiamo di tutto. Insomma, moratoria sulle polemiche almeno fino alla fine della partita perché ancora è presto per dire che è fatta. È quello che Enrico Letta ha chiesto ai suoi dirigenti, riunendo la segreteria. Pancia a terra fino al 26 giugno. Si guarda ai 62 ballottaggi, cercando di sospendere, almeno per il momento, la discussione che si è aperta nel Pd dopo il crollo del M5S alle comunali di domenica. «Tutte le discussioni su alleanze, futuro e campo largo le rimandiamo al dopo ballottaggio», ha detto ieri il segretario del Pd al Nazareno, dopo aver riunito la segreteria. «Le amministrative non sono terminate, faremo di tutto per arrivare a un ballottaggio che confermi e completi l'ottimo risultato del primo turno». Si guarda a tutti, soprattutto a quel centro, formato da Italia Viva e Azione, che è stata la vera sorpresa di queste elezioni. Anche se l'esercizio non è semplice. Perché se apri a uno, l'altro si arrabbia e viceversa. Dalle parti di Letta, poi, c'è molto scetticismo su un accordo con Calenda. Il leader di Azione non ne vuole sapere dei Cinquestelle e i Cinquestelle non ne vogliono sapere di lui oltre che di Renzi. Calenda, poi, ha aperto il fronte sui candidati in Lombardia e nel Lazio. Prima, facendo il nome di Letizia Moratti per il Pirellone, poi deviando su Carlo Cottarelli, nome sul quale si ragiona anche in ambienti Pd vicini all'area di Base Riformista.

 

 

 

Quanto al Lazio è intervenuto per stoppare le voci che parlano di una possibile discesa in campo di Enrico Gasbarra: una soluzione che eviterebbe una corsa interna tra i due assessori della Giunta Zingaretti, Alessio D'Amato e Daniele Leodori. Un attivismo che sta creando nervosismo fra i dirigenti dem. Letta è convinto che non ci possa permettere di rompere con il M5S. Francesco Boccia, ieri, lo ha detto chiaramente: stiamo attenti a darli per morti, alle politiche sarà diverso. Sembra un rompicapo senza soluzione. Eppure Letta (e i suoi) sono convinti che, con il tempo, molte ostilità si appieneranno. «Quando ci si avvicinerà alle Politiche, se non cambia la legge elettorale un accordo si troverà». Anche se nel Pd in tanti cominciano a essere convinti che Calenda non scenderà a patti e insisterà a costruire una forza autonoma dai due poli. «Non gli conviene allearsi con noi, trattando sui collegi. Se fa i numeri che si sono visti alle ultime amministrative, gli conviene decisamente presentarsi da solo». Discorso diverso, si dice, per Matteo Renzi, che in molti scommettono che alla fine si alleerà con il Pd. E sarebbe conveniente per tutti: per Renzi, perché Iv da sola rischia di non superare lo sbarramento e con Calenda l'alleanza sembra al momento impossibile, per Letta perché, tanto più se Azione si presenta da sola, potrebbe rivendicare la presenza di un "centro" nella coalizione.

 

 

 

In ogni caso è presto per scoprire le carte. Adesso pensiamo ai ballottaggi, ha detto Letta. Il Pd ha «la concreta possibilità di eleggere 13 sindaci di cui 6 donne». Per il resto ha attaccato duramente la Lega, che ieri non ha voluto ritirare gli emendamenti sulla riforma dell'ordinamento giudiziario e del Csm e ha chiesto il voto segreto su uno di questi. «Portare l'ostruzionsimo sulla giustizia vuol dire minare le basi della convivenza stessa del governo, è un atteggiamento insostenibile», ha detto il segretario del Pd. Al Nazareno non pensano che il Carroccio farà cadere il governo. Temono, però, una situazione di continua guerriglia, che finirebbe non solo per rallentare l'azione del governo, ma anche per addossare l'intera responsabilità di questa composita maggioranza sulle spalle del Pd.

 

 

 

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