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Luigi di Maio, "acqua alle orecchie". Il retroscena bomba, tutto pronto per la crisi

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"Necessario e ampio coinvolgimento delle Camere", così, con sei insignificanti sei parole il Movimento 5 stelle ha chiuso la questione dell'invio di armi in Ucraina. Ergo non ha ottenuto nulla ma secondo molti almeno non ha dato a Luigi Di Maio l'alibi per andarsene dal M5s accusandoli di essere nemici dell'Europa e della Nato, riporta in un retroscena il Fatto quotidiano. Ieri 21 giugno al Senato intorno a Draghi non c'era nessun esponente grillino a parte il ministro D'Incà. C'era "aria di liberazione" nel governo: "Finalmente potremo lavorare senza guardarci le spalle".

 

 

"Qualcosa adesso deve cambiare", si sfoga col giornale di Travaglio un pentastellato. " Qui non si tratta di parlamentari che se ne vanno, al massimo perdiamo i voti dei loro parenti: è gente che non ha un voto. Qui si tratta di capire come e perché restiamo al governo". Aggiunge un altro: "È tardi, purtroppo. Se fossimo usciti ai tempi della riforma Cartabia, avremmo avuto un anno e mezzo per rifarci una verginità. Ora il tempo è troppo poco, difficile invertire la rotta".

 

 

E il peggio forse deve ancora arrivare. In particolare per quei "big" fedelissimi di Giuseppe Conte che secondo le regole attuali del Movimento 5 stelle non potranno essere rieletti. La "base" grillina sarà chiamata a esprimersi settimana prossima e il leader di Cinque stelle continua a non dire come la pensa. Anche perché intende tenersi stretti alcuni degli indecisi. La possibilità di rielezione, del reso, era una delle carte che il ministro degli Esteri si è giocato nella caccia agli eletti. Secondo il fatto i "veterani" non vogliono "cedere alle lusinghe: "Ma ancora non l'hanno capito che gli porteranno l'acqua con le orecchie e alla fine il seggio ci sarà solo per lui?". 

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