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Lega, Riccardo Molinari: "I nostri elettori non sono soddisfatti da Draghi", occhio al 18 settembre

Antonio Rapisarda
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Ius scholae e cannabis bussano alla porta di Montecitorio. Si aspettano giorni di fuoco per la Lega. «Noi abbiamo sollevato la questione in tutte le sedi esprimendo preoccupazione e contrarietà». Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, vorrebbe impiegare tutto il tempo "parlamentare" che resta per affrontare la congiuntura monstre fra crisi pandemica, crisi energetica e relativo impatto sociale. E invece il "campo largo" - «che si è già ristretto» - insiste su temi «divisivi che nulla hanno a che fare con l'agenda comune per cui è nato il governo».

Su ciò avete promesso le barricate.
«Se Pd e 5 Stelle dovessero proseguire nell'intento, è ovvio che si porrebbe un problema politico. Se si arriverà davvero a discutere di ius scholae e cannabis useremo tutti gli strumenti parlamentari possibili per non farli approvare. Ci troveremmo - "grazie" al centrosinistra - nell'assurda posizione di dover fare ostruzionismo su due dossier ideologici nel momento in cui abbiamo il gasolio a 2 e venti euro al litro, le bollette triplicate e l'inflazione che sta abbattendo il potere d'acquisto dei salari».

Dal Pd vi accusano di scaricare la tensione sul governo per una questione che è prettamente parlamentare...
«Giro l'accusa: sono loro che vogliono fare un atto di forza e arroganza, e creare tensione nel governo. È come se noi avessimo fatto calendarizzare in Aula una riedizione dei decreti sicurezza, dove è noto che sinistra e grillini hanno posizioni diverse dalle nostre. E invece, per ciò che riguarda gli spazi parlamentari, da quando siamo in questo governo, abbiamo sempre cercato di porre dei temi concreti su cui si potesse lavorare insieme».

 

 

Di qui l'avvertimento che avete lanciato: leali con il governo ma non "fessi"...
«È così. Anche perché questa non è una maggioranza politica. La Lega non starebbe mai al governo col Pd o LeU. Questa maggioranza è nata per fare solo alcune cose e noi siamo dentro per dare risposte ai cittadini. Come quelle del decreto aiuti che darà 15 miliardi di euro per tagliare i costi del carburante e sostenere imprese e famiglie. Noi ci stiamo finché ci si occupa di queste cose. Se poi dall'interno c'è chi vuole porre temi politici...».

Il probema sta emergendo.
«Sì. Perché, abbandonata - speriamo - l'emergenza Covid, siamo entrati nel periodo delle riforme che servono per il Pnrr ed è ovvio che qui vengono fuori le posizioni diverse. La nostra presenza nel governo, dunque, serve non solo a portare i nostri temi ma anche ad evitare che le riforme prendano una piega inaccettabile. Penso alla questione dei balneari, dove siamo riusciti a metterci una pezza. Penso al tema della delega fiscale, dove abbiamo evitato la tassa sulla casa. Adesso stiamo facendo un braccio di ferro per evitare la liberalizzazione dei taxi e lo smantellamento delle società pubbliche di servizi. Se la Lega non fosse dov'è, questi provvedimenti sarebbero passati: danneggiando pezzi importanti non solo del nostro elettorato ma del Paese».

Da giorni siamo dietro alle contorsioni dei 5 Stelle: Draghi è dovuto rientrare in anticipo dal vertice Nato.
«Tanto rumore per nulla. Alla fine i 5 Stelle hanno votato la fiducia al Dl aiuti dove è previsto il termovalorizzatore di Roma. Non mi pare, dunque, che abbiano portato a casa chissà quali risultati».

Resta, da parte vostra, la rabbia per l'atteggiamento troppo zelante del governo nei confronti di Conte...
«Questo è vero. Devo dire però che siamo soddisfatti che non si sia riaperto il Dl aiuti: perché uno dei temi su cui i 5 stelle sollevavano problemi erano proprio la riforma del Rdc oltre al termovalorizzatore. Il fatto che il provvedimento sia rimasto chiuso, con le norme originarie, è un segnale del fatto che le cose sono cambiate».

Se i 5 Stelle dovessero rompere proprio su questo al Senato il governo Draghi sarebbe finito?
«È Draghi che ha detto che senza i 5 Stelle il governo non c'è più: è una domanda che andrebbe fatta a lui. Per ciò che ci riguarda, se qualcuno si chiama fuori è chiaro che viene meno il presupposto su cui la maggioranza è nata: affrontare insieme l'emergenza. È difficile pensare che qualcuno possa portarsi sulle spalle il peso: anche dal punto di vista elettorale. Perché, non neghiamolo, stare in questo governo ha causato una grande perdita di consenso alla Lega: lo abbiamo visto alle Amministrative. Nell'emergenza un partito responsabile come il nostro può farsi carico di affrontare il peso con gli altri, ma se gli altri si chiamano fuori è evidente che le condizioni cambiano».

Si dice che a settembre - se non arriveranno alcune risposte - potrebbe esserci da parte vostra uno smarcamento. E il 18 settembre ritorna Pontida...
«Non ho la sfera di cristallo. Certamente Pontida è un appuntamento per noi importante: perché è sempre stato il momento dell'incontro con la base militante del partito. E noi non possiamo non tener conto dei messaggi che ci arrivano da lì. La nostra base in questo momento non è soddisfatta della nostra presenza al governo: quando le urne danno dei segnali questi vanno capiti e bisogna agire di conseguenza. Ciò vuol dire che siamo chiamati ad ottenere di più dalla nostra presenza al governo, con risultati che vadano più incontro alle richieste del nostro mondo. E Pontida sarà un momento centrale in cui ci sarà un confronto franco sulle aspettative della Lega. Poi a che cosa porterà questo confronto non glielo posso dire: certamente non c'è una premeditazione da parte nostra di far saltare il governo».

 

 

Che cosa vi aspettate in quest'ultimo scampolo da Draghi?
«C'è un tema dirimente su cui valutare la permanenza o no al governo: le pensioni. A fine anno dovrebbe rientrare in vigore la legge Fornero: non può esistere un governo con la Lega dentro che permette ciò. Noi vogliamo Quota 41 o una proroga di Quota 100. Si spendono 9 miliardi all'anno per il reddito di cittadinanza: se i soldi per questo ci sono non capisco perché non ci debbano essere per mandare in pensione gente che ha lavorato una vita. L'altro grande tema sarà il potere d'acquisto. Dovremmo inventarci un meccanismo - il taglio del cuneo fiscale o l'indicizzazione dei salari - per ridare potere d'acquisto alle famiglie. E poi c'è un terzo aspetto: l'autonomia. Per noi quello è un altro punto qualificante».

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