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Elio Vito, clamoroso alla Camera: diluvio di "sì" alle dimissioni

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 Elio Vito

Francesco Storace
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Da bambino lo giurò: in Parlamento ci voglio stare solo otto legislature e non un giorno di più. Lo hanno preso in parola... e con una votazione che appare clamorosa, Elio Vito non ha fatto in tempo a presentare le dimissioni da deputato che gliele hanno accolte in una ventina di minuti di "dibattito". C'è sempre una prima volta. Del resto, in quel Palazzo ci stava dal 1992, un'eternità, e si era messo a sparlare pure dei suoi, di Berlusconi e Forza Italia, degli alleati di coalizione. Difficile che potessero regalargli altri mesi di stipendio dorato, anche se lui ci sperava. In fondo Elio Vito ha stabilito un record. Cacciato al primo colpo. Stava sugli zebedei a tutti.

 

 

Non appena ha finito di parlare per il suo discorso d'addio alla Nazione, in 225 lo hanno aspettato in Aula e lo hanno piombato, accompagnandolo alla porta. Tutto, appunto, in una ventina di minuti. Una pratica da sbrigare velocemente perché non valeva nemmeno la pena di sprecarci tempo. Tutta colpa di CasaPound, potremmo dire. «Forza Italia ha deciso di stare con chi i diritti non vuole riconoscerli, di stare con neofascisti e con integralisti», ha detto Vito nell'Aula di Montecitorio. Un concetto che aveva messo nero su bianco contro il suo partito, Forza Italia, proprio nella lettera di dimissioni: la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, «l'apparentamento a Lucca per il ballottaggio con formazioni estremistiche di destra». In effetti, quell'alleanza - e nemmeno con simboli "estremisti" - ha fatto perdere la sinistra. Lui, Vito, si è arrabbiato per questo?

Alla Camera in molti sostenevano che quella di Vito fosse una finta, "chissà quando si voteranno 'ste dimissioni". Dicono che, esperto da sempre di ostruzionismo, avesse trovato la maniera di farla franca annunciando il passaggio al gruppo misto della Camera. Ma questa volta il presidente della Camera, Roberto Fico, ha capito la mossa («se uno si dimette da deputato cambia gruppo?», pare abbia detto) e ha calendarizzato al volo le dimissioni.

È davvero raro che alla prima votazione un parlamentare che si dimette venga "accontentato". Poteva sperare, Vito, nel clamoroso precedente del senatore pentastellato Giuseppe Vacciano, che nella scorsa legislatura si vide respingere per ben cinque volte le dimissioni. Per non restare più a Palazzo Madama gli toccò aspettare la fine del mandato parlamentare. E ora Vito sbatte la porta di Montecitorio. Con livore, con la livorosa "coerenza" con cui si è esibito negli ultimi tempi su Twitter. Ha detto ieri: «Starò con le persone discriminate per l'orientamento sessuale e l'identità di genere, con i consumatori che vengono arrestati se anzichè andare dallo spacciatore coltivano cannabis, starò con chi non ha reddito, con chi non ha cittadinanza, chi non ha diritti».

 

 

Non sopportava più gli alleati, e la controprova sta nella difesa d'ufficio del Pd, quasi una commemorazione in vita. «La Camera ha approvato le dimissioni di Elio Vito. Con i deputati Pd ho votato contro le dimissioni perché in Parlamento mancherà la sua voce di parlamentare serio, coerente, acuto». Parola della responsabile Esteri del Pd, Lia Quartapelle. E le ha fatto eco, ovviamente, Alessandro Zan: «Ho votato contro le dimissioni di Elio Vito, amico e collega che ha sempre tenuto la schiena dritta per difendere i diritti». «Questa destra a voto segreto - ha aggiunto - si è voluta sbarazzare di un uomo libero che antepone la dignità delle persone ai diktat del partito. Grazie Elio». Ha dimenticato, Zan, che esistono anche dignità e valori degli elettori che votavano il partito e lo schieramento dell'onorevole Vito. Che non la pensano come loro due.

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