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Crisi di governo, lo spettro delle elezioni agita i peones: inizia la caccia al seggio

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Francesco Storace
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Quanto è duro il mestiere del leader lo vedremo se si andrà per davvero alle elezioni anticipate. Fare le liste per un Parlamento dimezzato assomiglierà molto a quei mestieri che gli italiani non vogliono fare. Si rischia l'osso del collo, e poi le vendette degli esclusi. O forse no, magari a più di un italiano farebbe piacere agitare la vendetta popolare per abbatterla inesorabilmente su deputati e senatori, in mezzo a codici, procedure e leggi complicatissime ogni volta che si vota. I leader stavolta chissà dove dovranno scappare per decidere le candidature tra odi e lodi peri rispettivi partiti. Incontreranno compiacimenti alternati a sguardi accigliati, nessuno si fida del proprio capo, che dico a casa se non mi candida... Il leader ti sorride e pensi di stare tranquillo. «Non ci credo che stia mentendo, mi ha sorriso, ha fatto anche l'occhietto». No, ti sta fregando, mica ti dà l'opportunità di emigrare in un altro partito. «Tanto dura due anni». Occhio, questa sarà la frase che ogni leader dirà a ciascun aspirante deputato o senatore. Per placare gli animi, per fingere che non ne varrà la pena, diranno ai peones che la prossima legislatura sarà breve. Una specie di chi te lo fa fare, che va sempre bene. «Gioca la fiche successiva», insomma. Ma sta già scritta sui muri del Palazzo, gli uscenti l'hanno mandata giù a memoria.

 

 

 

LA FOTOCOPIATRICE

In sostanza, non sarà facile per i leader compilare le liste. Ciascuno di loro ha un taccuino nascosto con i nomi da premiare e da bocciare. Con le pagelle. A cui si aggiungono quelle dei potenti responsabili organizzativi e quelle provenienti dai cerchi magici di riferimento. Un tempo c'erano riunioni interminabili per decidere. Stavolta saranno sempre interminabili ma senza decidere. «Le carte le dò io». E chi si azzarderà a contestarlo... Perché stavolta non saranno possibili né gradite raccomandazioni di sorta. I capi partito decideranno in solitudine. Avranno solo buona cura di scegliere con attenzione i propri delegati da spedire nei tribunali a depositare le liste. Senza firme da raccogliere peri partiti esonerati per le solite regole che si regalano ad ogni finale di legislatura, basterà un notaio e via, di corsa a consegnare simboli e nomi dei candidati senza bisogna di farli vedere agli interessati. Prendi la delega e scappa. Certo, ci sarà l'assedio dell'esercito di aspiranti. In soccorso dei leader, ora più che mai arriverà la macchina fotocopiatrice. Che stamperà liste prefabbricate e fasulle da mostrare al candidato di turno. Basterà istruire il proprio capo segreteria - sempre che il suo nome non circoli tra i possibili candidati - che dirà al supplicante: «Tu ci sei, guarda, stai tranquillo». Quando i posti sono 600 e non più mille, ogni trucco sarà escogitato meglio che nel passato. Addio alle correnti. I pezzi grossi dei partiti si tolgano dalla testa, in questa occasione, la "tutela" dei loro fedelissimi. Con la penuria di seggi che ci sarà, saranno i capipartito di adesso ad adottare l'uno vale uno di grillina memoria. Candido te, non l'amichetto tuo. Lo esige la legislatura che si chiude, con le troppe infedeltà che hanno caratterizzato l'esercito dei voltagabbana. Garantirsi, questa sarà la volontà del decisore. Poi bisognerà premunirsi di candidature al femminile che, c'è da scommettere, saranno moltiplicate per cinque, che è il massimo delle disponibilità in lista consentite per ogni nome dal Rosatellum. Sarà più facile candidare la moglie dell'onorevole uscente se non c'è posto per lui. Stipendio garantito.

 

 

 

IN CERCA DI MIRACOLI

Chi avrà il compito più facile sarà Giorgia Meloni, che i sondaggi danno in ascesa e con una pluralità ragguardevole di seggi da mettere in palio. Ricandida tutti i suoi? Piano, come tutti i leader anche quella di Fdi vuole fedelissimi. Più complicate le cose nelle altre forze del centrodestra. Tra sondaggi e riduzione dei parlamentari, Lega e Forza Italia dovranno fare miracoli per scegliere chi mandare a casa (e se vogliono nuovi innesti tra Camera e Senato). Salvini qualche dente se lo toglierà, mentre Berlusconi si limiterà a dire sì a tutti i "volenterosi" per un seggio in Parlamento. Poi, la notte delle liste... Enrico Letta avrà comunque il dramma delle correnti del Pd. Che costrinsero Zingaretti a darsela a gambe e che Franceschini, Guerini e Orlando non intendono seppellire. Letta per fare le liste dovrà rifugiarsi in Francia. Dramma per Matteo Renzi e tutti i cespugli a cui il segretario del Pd al massimo concederebbe un collegio per uno. Al centro, il bordello sarà autentico. Anche perché ognuno ha se stesso più un paio di amichetti da salvare. Provate ad immaginare che tragedia sarà per Giuseppe Conte: alla fine dovrà ringraziare Di Maio per le salme che si è portato via. I famosi due mandati... Avvertenza per chi intende chiedere un posto nelle liste di Azione. Guai a sorridere a Calenda nella speranza di un seggio: quello prima ti osserva e poi è capacissimo di chiederti "che cacchio guardi". 

 

 

 

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