Cerca
Cerca
+

Renato Brunetta, "ha un'idea in testa". Retroscena: il suo nuovo partito

Renato Farina
  • a
  • a
  • a


Non se n'è andato lui da Forza Italia. Non ci si separa dalla propria anima. Non è il ministro veneziano ad aver preso la valigia ed essere fuggito in gondola, ma è quell'apparato di poco pensiero, molte ambizioni e tanta cattiveria ad essersi impossessato del caro nome, per portarlo lontano dalle sue sorgenti liberali, riformiste, europeiste, socialiste, cattoliche, atlantiche. Renato Brunetta usa molti aggettivi per descrivere quella creatura che non osa chiamare partito per non sciuparla: si fa così con una bella donna di cui ci si è innamorati e non ci si dà pace se ne sia andata. Per il titolare uscente della Funzione pubblica - forse il ruolo decisivo per cambiare l'Italia strozzata dalla burocrazia - Forza Italia è qualcosa di esistenzialmente inseparabile dalla propria identità.
Non è un monolite ideologico e neppure un agglomerato di convenienza, ma l'esperienza di una compagnia sorta intorno al carisma di Berlusconi e che vibra (vibrava) per un'idea in cui tutti quegli attributi sono (erano) tinte indispensabili per colorare di libertà e giustizia il nostro Paese.
Concludendo: Forza Italia insomma era lì dove c'è Renato Brunetta. Lui c'è ancora, lei ha trasmigrato tra altre braccia, di chi non capirà mai di quanto "beltà splendea".
Questo addio a Forza Italia, a differenza di Mariastella Gelmini, il professore veneziano, 72 anni, non l'ha dichiarato a botta calda. Doveva prima trovare le parole, far ordine nel guazzabuglio di pensieri, sentimenti e risentimenti. Ha deciso di tagliare via questi ultimi: zero rancore. Perciò, in pieno contrasto con il suo carattere fumantino, Renato Brunetta non è esploso come un petardo alla notizia del suo siluramento da parte proprio di chi non se lo aspettava. Il fuoco amico! Anzi, sarebbe far torto alla sua intelligenza pensare che non lo prevedesse.
Era convinto però che all'ultimo momento Berlusconi avrebbe aperto il suo mantello per ripararlo, frapposto il suo petto, o chissà deviato il colpo con il suo super-alito azzurro.
Invece no. Silvio non ha cancellato dalla lista dei morituri il nome dell'antico amico, la tessera numero due della Forza Italia rinata nel 2008. E dire che Silvio gli aveva telefonato un paio di giorni prima esaltandolo: sei il miglior ministro del governo, va' avanti, sei il nostro orgoglio. In realtà scommetto si fosse riproposto di avvertirlo, di spiegargli la necessità del sacrificio eccetera, ma poi per paura di dover affrontare un torrente in piena, deve aver ripiegato sui complimenti.
Mettiamoci nei panni di quest' uomo preso improvvisamente per la collottola e sbattuto per strada nel bel mezzo del lavoro per cui era nato e gli stava riuscendo non solo sulla carta ma nel corpo fisico della Amministrazione Pubblica.
Per di più per opera di amici.
Stava realizzando sul serio, miracolosamente trattenendosi dalle sue ire funeste, quanto tutti i programmi di Forza Italia (peraltro negli ultimi 25 anni tutti materialmente elaborati da lui) prevedevano per modernizzare il Paese, sciogliendo i nodi soffocanti dei rapporti tra Stato e cittadino, digitalizzando, stroncando il comodo del non far niente da casa propria. Una autentica rivoluzione dove a essere abrogata è la prepotenza di chi maneggia permessi e ripete "non mi posso prendere la responsabilità" e "si è fatto sempre così". D'accordo c'è chi sta peggio, ma esiste anche - persino i politici avvezzi a tutto ne patiscono - il disamore, l'essere scartato con indifferenza da chi ha preso possesso della casa dove abitavi. L'anima della sua anima, Forza Italia, l'ha infilato in un tombino, quasi fosse un trascurabile cicisbeo del seguito di Supermario.

 

 

 

UNO PER TUTTI - Ora Brunetta sta studiando l'idea di tener desti idee e sentimenti che sopra abbiamo descritto con una caterva di aggettivi in una sorta di "rassemblement" repubblicano, sul modello organizzativo di "En marche" di Emmanuel Macron, qualcosa che non c'entra nulla con i centri e i centrini, ma che ambirebbe a quell'ambizione maggioritaria cui Forza Italia ha rinunciato mettendosi a rimorchio dei disegni di Matteo Salvini. Ma non c'è niente da fare. Forza Italia gli si è fusa nel petto, contro ogni logica non è che lui conti di tornare in Forza Italia ma che sia lei a tornare da lui.
A differenza dei voltagabbana che sventolano le mutande a destra e a sinistra, per Brunetta la formazione a cui aderiva va intesa non tanto come partito, tipo taxi, da cui si sale e si scende, ma come una compagnia di bastardi senza gloria, uno per tutti tutti per uno, un modo di essere, un'appartenenza siamese, un'idea vasta come la galassia, un lavoro venti ore al giorno, per stendere un appunto per il Cavaliere con i neretti al posto giusto, arrivato su quella scrivania mezza giornata prima di qualsiasi ufficio studi, in caratteri Times, corpo 18; ma anche la pasta tricolore, "l'Italia è il Paese che amo", Dudù, " Meno tasse per tutti". Ecco questa entità vitale lo ha abbattuto, incurante stesse plasmando il capolavoro della sua vita di studioso: essere ucciso da Forza Italia proprio no, non riesce ancora a crederci. D'accordo, tutti sappiamo che il bersaglio non era lui. Anche il ministro veneziano non è vanesio al punto da far coincidere la mancata fiducia al governo di Draghi con una ripicca contro di lui. Ma lo sapevano, eccome se lo sapevano nel centrodestra e ad Arcore che Brunetta era il tamburo principal della banda d'Affori. Lo ha scritto su Libero Alessandro Sallusti che era il miglior ministro della compagine draghista; l'altra sera lo ha detto persino un ammazzasette come Giampiero Mughini.

 

 

 

BAND OF BROTHERS - Eppure Berlusconi e gli altri del partito sapevano benissimo che, aiutando Salvini e Conte a far cadere la statua a cavallo di Draghi, a restare schiacciato sarebbe stato il loro uomo nel governo. Nei marines non si fa così. Si lotta insieme perla gloria e per l'America, ma nessuno lascia indietro il proprio compagno in missione, e soprattutto non gli spara. Invece, niente da fare, senza neppure avvertirlo, ciao Renatino, riposa in pace, stizzisciti, sbraita pure, stavolta non ci incanti, ti abbiamo sverzato in discarica. Ha contato fino a dieci, poi fino a cento, a mille. Infine con inusitata calma, ma dentro gli ribolle il sangue, ha fatto brillare come un artificiere la bomba che aveva in pancia ma soprattutto in quella sua grande testa, intesa come misura per il cappello e come quoziente intellettuale. Conoscendolo, questo abbandono non promette niente di buono per chi se l'è messo contro.

 

 

 

Dai blog