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Giorgia Meloni, "una vittoria che lascerà il segno". La profezia di Bouillaud

Renato Farina
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Squilli se non la tromba, almeno una chiarina. Basta anche un tamburello. Forse è tornata una parvenza di giornalismo nella grande stampa internazionale. Su Le Figaro è apparsa nel pomeriggio di ieri una analisi rispettosa della dignità politica e morale della scelta che ha condotto il centrodestra a far cadere Mario Draghi. A delinearla è stato Christophe Bouillaud, professore di scienze politiche all'università di Grenoble, qualificato come massimo studioso gallico della politica italiana.
Sostiene l'accademico, in una poderosa intervista, come e perché Draghi fosse maturo come la mela caduta in testa a Newton-Mattarella. E non potesse che essere costretto alle dimissioni, non a causa di una oscura congiura putiniana, ma sulla base della logica politica che induce i partiti a provare a vincere la corsa elettorale.
Dov' è lo scandalo? Ha profetizzato che, se sapranno essere unite, le tre forze della coalizione di destra (centrodestra è una parola indigeribile in Francia) vinceranno a mani basse. Si badi: nessun leader di questo filone politico è per l'Italexit dall'Europa o dalla Nato. Dove diavolo sta il pericolo? Bisognerà vedere - aggiunge - come il mondo digerirà l'ennesimo fiasco del disegno globalizzatore, prevede che balzeranno come tigri a mordere al collo Giorgia Meloni, ma se vince, è la democrazia bellezza.

 

 

 

 

 

GONFALONI AL VENTO - A tra poco il virgolettato dell'accademico d'Oltralpe. Constatiamo che è il primo segno di resipiscenza almeno da parte dell'opinione pubblica europea di carattere moderato e comunque non di sinistra, che nelle prime ore era stata anch' essa travolta dalle scalmane progressiste, tanto che il medesimo Le Figaro, quotidiano conservatore parigino, aveva colorato di nero pece camicia e anima soprattutto della Lega di Matteo Salvini, qualificandolo come di "estrema destra". Purtroppo (per fortuna!
) non esiste in Costituzione il Deus ex machina. Per bravo bravissimo che sia, ed è, un grande banchiere qualche volta, invece di tagliare la testa ai politici con l'arma atomica degli algoritmi, deve piegare il proprio destino al pallottoliere molto convenzionale del numero degli eletti. Il colmo è stato vedere Draghi aggrapparsi al populismo delle firme e degli appelli extraparlamentari che non si è ancora trovato il modo per l'arretratezza del nostro sistema politico - di conteggiare pur di farlo restare in trono.
Peccato. O no?
Mai visto in questi giorni uno schieramento populista internazionalmente così esteso, con tanti gonfaloni al vento, tutti neri, un po' per necrofilia e un po' per spaventare e/o paventare, causa la dipartita di Draghi, l'avvento di un regime fascista che va fermato a qualsiasi costo. A un populismo un populismo e mezzo. Esempio? Per la prima volta nella storia della gloriosa Frankfurter Allgemeine Zeitung, poco incline alla demagogia e francamente schifata dall'ignoranza, invece stavolta no, il commento alla caduta di Draghi è stato affidato alla stentorea frase di un analfabeta funzionale: «Un voto tragico», ha scandito Luigi Di Maio.

 

 

 

Drappi funesti, da lutto stretto, stati appesi sulle prime pagine di tutti i più importanti quotidiani d'Europa e d'America (Asia e Africa non pervenute). Vere e proprie case funerarie di carta dove è stato composto il caro estinto. La linea di Le Monde, El Pais, New York Times, Financial Times eccetera, prima del voto di fiducia, era stata "O Draghi o morte". Dopo le sue dimissioni, messa una croce sul nome di Draghi, è sopravvissuta la morte. Un paradosso? Più che altro la caduta del mascherone. $ la prova che sono proprio i quotidiani cosiddetti autorevoli, nonché politicamente corretti, a gridare come aquile cui hanno portato via la nidiata, quando la dura realtà del voto democratico picchia sul loro calletto ideologico. Così dopo l'orrore iniziale - «tutto è perduto, l'Italia sprofonderà e trascinerà negli abissi l'Europa e il mondo intero» - sta subentrando quella che è l'indicazione della crème mondiale a Enrico Letta e a chi raccoglierà intorno a lui per l'Armageddon contro Giorgia Meloni. Antifascismo contro fascismo, civiltà contro barbarie. Le pittureranno i baffetti sotto il naso, faranno i meme dove apparirà accanto al Führer nelle vesti di Eva Braun. Basta così, non ne possiamo più di guerre civili verbali che poi macchiano di sangue l'asfalto. Prevalga la ragione. Putiniano - che è il vero fascismo del millennio - ditelo di Giuseppe Conte, ma più atlantista della Meloni non ce n'è.

LA LEGA E SILVIO - Ed ecco il professor Bouillaud. Spiega che Giuseppe Conte «per rilanciare il M5S presso l'elettorato, spera visibilmente di conquistare quella larga parte dell'opinione pubblica italiana che pensa, guardando troppi talk show, che le responsabilità della guerra in Ucraina siano condivise tra aggressori e aggrediti, e che sia urgente schierarsi per una soluzione negoziata, che in questa fase equivale a prendere atto delle vittorie dei russi». Su questa scivolata putiniana di Conte, «la Lega e il suo partner storico, Silvio Berlusconi, ancora a capo di Forza Italia, hanno colto l'occasione offertagli dalla scelta di Conte... per abbandonare anch' essi la nave, lasciando a quest' ultimo tutta la responsabilità... Un lavoro molto ben fatto da parte loro... In ogni caso, si tratta di un ritorno logico delle cose». Ancora: «Un rovesciamento della tendenza che in Italia spira verso il trionfo della destra è impensabile, oltretutto con la prevalenza di una leader erede di un partito post-fascista. Questo lascerà il segno in Francia, in Europa e ben oltre. La bancarotta politica della globalizzazione liberale degli anni '80 e dei decenni successivi sarà ancora una volta registrata sugli annali». Letta e compagni non possono vincere: «Alla sinistra manca un leadership all'altezza». Al contrario: «I partiti di destra... se vincono insieme, ci sono pochi dubbi che governeranno insieme... La linea decisamente atlantista della Meloni sarà seguita dai suoi alleati? $ probabile che debba scendere a compromessi su questo punto». Conoscendola, è difficile. 

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