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Tommaso Cerno a Enrico Letta: "Calenda e Renzi sono inutili"

Pietro Senaldi
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«Basta parlare di Centro; non esiste, se non nell'immaginario dei nostri nonni. Per evocarlo devi ricordare la Dc, il pentapartito, la preistoria della politica».


Ma si dice che in Italia si vince al centro...
«Quando mai? Non c'è una forza di centro che superi il 5%».


Diciamo che si governa al centro...
«Questo lo sostiene Mastella, per giustificare la propria esistenza, giocando sul senso d'inferiorità degli altri».


Ma anche Brunetta si è messo in testa di fare il centro del centrosinistra, liberale però...
«E ti pare una bella idea? Letta non si allea con Conte, perché dice che è inaffidabile, e poi si innamora di Brunetta? Gli do un consiglio non richiesto: lasci fuori dal suo campo Calenda, che è di destra, e Renzi, che ha già fatto capire in passato cosa pensa davvero di lui. Vada da solo al voto, come fece Veltroni nel 2008. Copi piuttosto la campagna elettorale identitaria, che fece l'allora premier Renzi alle Europee del 2014, quando incassò il 41% dei consensi. Quella quota oggi è inarrivabile, ma il 30% è raggiungibile. Quanto a Brunetta, lo rispedisca a Berlusconi».


Tommaso Cerno, già condirettore di Repubblica e direttore dell'Espresso, candidato da Renzi al Senato per il Pd, ha la ricetta vincente per il suo (?) segretario, Letta. «Non so quanto sia mio», spiega, «visto che ormai cinque mesi fa l'avevo rassicurato che non gli avrei chiesto un posto. Seguirò la campagna elettorale e poi deciderò per chi votare come tutti gli italiani liberi».

Perché Letta dovrebbe rinunciare alle alleanze?
«Per vincere. La grande ammucchiata della sinistra è un incubo, gli italiani hanno bisogno di un sogno. O ci ripropone l'Italia agli arresti domiciliari di Stato di Speranza e di carelle esattoriali ai poveri di Disequitalia?».


Per vincere però il 30% non basta.
«E chi lo dice? Il Pd non ha mai davvero vinto le elezioni, non può saperlo. Ha sempre tradito la sua natura maggioritaria consegnandosi alla legge elettorale di turno. Letta non deve chiedere ai centristi la patente di moderati, mostra debolezza se lo fa. Si accontenti di fare un appello ai moderati italiani perché votino Pd. O meglio Dp, come pare chiamerà le liste Democratici e Progressisti. Anche con i grillini doveva fare così: non un patto di palazzo ma un big bang fra la piazza scappata dietro a Grillo e la politica rimasta nelle istituzioni. Dovevano parlare alla gente, non alle poltrone».

Posso ricordarti che Veltroni perse le elezioni?
«Almeno non andò al governo con la forza o con la furbizia come Letta, Renzi, Gentiloni, Conte 2 e Draghi 1. E poi stavolta può andare diversamente, perché Letta può cavalcare la novità, il ko tecnico di Draghi, più che il suo governo che e stato nefasto. Può evocare la sua caduta, l'unica cosa che ci si ricorderà di lui».

E allora perché tutti parlano dell'agenda Draghi?
«Questo è l'errore. Più che un'agenda, è una cartella clinica. L'unica cosa che può aiutare Letta della figura dell'ex premier è il fatto che sia stato cacciato e che ci sia per la prima volta un candidato fantasma che da una mano a quelli in carne e ossa, senza impegnarli davvero».

Draghi si esprimerà a favore della sinistra?
«No, ma si lascerà usare dalla sinistra. Il trauma della sfiducia l'ha reso simpatico. Un regalo che gli è stato fatto».

Significa che la non fiducia a Draghi può far perdere le elezioni al centrodestra?
«Prima che il premier cadesse, il centrodestra era messo senz' altro meglio. Poi è cambiato qualcosa, si è aperta la prima campagna elettorale dove il protagonista è il non candidato. Come premier, Draghi non ha fatto nulla di memorabile, e lui è il primo a saperlo, per questo si sente in dovere di vincere per interposta persona, nutre di certo l'ambizione di farla pagare a chi l'ha abbattuto».
D'accordo, ma l'agenda Draghi non è un programma politico, sono i compiti a casa dell'Europa, non si può vincere cavalcando solo quelli...
«È vero, ma i danni al Paese che sarebbero arrivati comunque ma, siccome Draghi e caduto, possono essere imputati alla destra sono tanti. Spread, inflazione, bollette, disoccupazione ecc.Sono tutte balle, sarebbe stato uguale con lui, ma siccome non c'è più... Ecco il vantaggio di Letta. Il limite della campagna elettorale del centrodestra è che non avrà nulla di nuovo da dire. Tranne Berlusconi. Che con il milione di alberi ci promette che farà faville. Ma solo lui. Quali sono i messaggi nuovi di Salvini e della Meloni?».


Silvio sembra il solo già entrato in campagna elettorale...
«Per cinque anni è stato erroneamente considerato il passato. Per me invece mai come oggi il centrodestra ha bisogno di lui come figura di padre che ha già governato ed è stato cacciato sul più bello da gente come Draghi».

Dovrebbe candidarlo premier?
«Sarebbe straordinario ma ormai la storia dice che il candidato naturale del centrodestra è la Meloni».


Se il centrodestra indica la Meloni, la sinistra si scatena e fa tutta la campagna elettorale sull'antifascismo.
«Ma se il centrodestra non investe subito Giorgia, dà lui l'impressione di avere paura della donna nera».


La Meloni non c'entra nulla con il fascismo...
«Lo so, ma spetta agli alleati del centrodestra mostrare di crederci».

La Lega accetterebbe un'investitura della Meloni da parte di Silvio?
«La Lega ha individualità che potrebbero fare un passo avanti e mettersi in prima fila. Il fatto che non sia ancora successo è la prova che sono pronti ad accettare Giorgia come leader».

Non stiamo sottovalutando la parte moderata dell'elettorato di centrodestra?
«Solo chi ha paura di se stesso e non vuole governare può pensare di affidare al Centro la guida del Paese. La destra non l'ha mai fatto. Se comincia adesso ha già perso».

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