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Greta Thunberg? Ci mancava solo il suo partito: un'ombra sul voto di settembre

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Francesco Specchia
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Vieni avanti, gretino. Greta Thunberg non c'era, ha salutato in collegamento con un sorriso strizzatissimo. Ma il gretino-tipo, il cultore della decrescita felice e del pessimismo ambientalista nel nome della piccola vedetta svedese; be', il gretino-tipo, invece, era lì, bello carico, pronto ad una nuova avventura. La notizia non sta soltanto nel fatto che è in svolgimento, il Climate Social Camp e il meeting europeo di Fridays for Future a Torino, tra il Parco della Colletta e il Campus Luigi Einaudi; e che ne avremo per cinque giorni di questo campeggione militante, roba da trasformare la città della Mole nella «capitale della rabbia climatica, con incontri, conferenze, workshop, manifestazioni». No. La notizia granisce, perde forma - come anticipa anche il quotidiano Domani- sulla possibilità sempre più vicina di una raccolta-firme della banda dei ragazzi ecosostenibili per «le prime elezioni climatiche in Italia».

 

 

 

VOTO ECOLOGICO

«Volevano prepararsi a un autunno di lotta, si trovano davanti un'estate di campagna elettorale, un settembre alle urne e un ottobre di consultazioni», scrive Domani «il prossimo sciopero globale per il clima sarà il 23 settembre, il venerdì prima delle elezioni, iFridays for Future dovranno contendersi le piazze con gli ultimi comizi dei leader, e allora il senso del doppio incontro torinese è anche lanciare la volata al difficilissimo tentativo di fare in Italia qualcosa di simile a quanto visto in Australia a maggio: le prime elezioni climatiche nella storia del paese», per l'appunto. E, mentre si attendono- finora invano - le possenti presenza di Greta e di Andreas Malm, l'ecologo svedese diventato ideologo dell'opposizione tostissima fino alla violenza contro l'«infrastruttura fossile» e agli idrocarburi; bè ecco che i vertici italiani del movimento green si portano avanti col lavoro. Le elezioni anticipate, per quanto intempestive, possono diventare per i gretini d'Italia una grande opportunità. In tempo di caldo intollerabile, di siccità cronica e climate change definitivo, si stanno avverando le loro più fosche previsioni. Avverte Giovanni Mori, ex portavoce e una delle persone più ascoltate del movimento: «Questa è stata l'estate dell'ecoansia, più che arrabbiati siamo abbattuti. Una cosa era dirlo, leggerlo, sentirlo, un'altra è quando accade davvero, tutto insieme, le ondate di calore, la siccità, il collasso dei ghiacciai». Non che il ragazzo abbia tutti i torti. «Ora in tanti si fanno la domanda: cosa facciamo?», prosegue lui «e stanno arrivando le prime risposte e tante sono anche risposte stupide, come il pensiero magico che la tecnologia ci salverà senza dover affrontare nessun cambiamento sociale o politico».

 

 

 

GUADO POLITICO

Detto questo, i Fridays for Future si trovano proprio nel guado politico: nei prossimi due mesi si deciderà, attraverso le urne, il destino delle politiche di transizione ecologica della nazione. E i gretini, se sono distanti dall'"Agenda Draghi" espressa dal ministro Cingolani (a loro parere troppo blanda), sono distantissimi anni luce dalle idee del centrodestra. Dice Luca Sardo, ora portavoce nazionale. «Questo è il nostro presente e il nostro futuro. Abbiamo bisogno che ci sia un confronto serio tra i partiti su questo argomento. Interlocutori politici non ne avremo. Oggi la nostra battaglia è che il clima sia al centro del dibattito per la prima volta in Italia». Tradotto, da un giro di sussurri tra militanti ed ex ambientalisti, antichi verdi e pecorari scani: gli amici di Greta, alle elezioni ci saranno. I cortei sono il passato, i comizi il presente. 

 

 

 

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