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Beppe Grillo vuole umiliare Giuseppe Conte: indiscreto M5s, il 25 settembre...

Giuseppe Conte

Pietro De Leo
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Non è mai foriera di buoni destini una leadership a metà. Giuseppe Conte ha fissato l'orientamento per il Movimento 5 Stelle, a sinistra del Pd. E però c'è l'assedio di Beppe Grillo, costante, martellante. Con il linguaggio e i retaggi dei tempi andati. Il no a rimuovere il tetto al doppio mandato. E poi, ora, pure sul simbolo. Che non vedrà comparire il nome dell'ex Presidente del Consiglio. Questo stando quanto racconta un retroscena Adnkronos che raccoglie i virgolettati di persone vicine al comico. Niente personalismi è la parola d'ordine. Così come pare serpeggi un duello sulle candidature.

 

Mentre Grillo insiste per riproporre le "parlamentarie", ossia la consultazione sul web, Conte invece non vorrebbe essere del tutto marginale sul dossier candidati e spingerebbe per un meccanismo "misto" in cui gli possa rimanere un ruolo nel determinare i capilista. Ieri, intanto, il Presidente del Movimento si è esibito sulle ultime novità, dagli addii alla sofferta decisione, stante l'intransigenza di Grillo, a non derogare allo stop dopo il secondo giro.

 

«Avremo al nostro fianco a supportarci molti che hanno finito il secondo mandato e non possono ricandidarsi, sono eroi», ha sottolineato durante una riunione telematica con gli attivisti campani. Al contrario, «alcuni sono andati via, cercano collocazione politica e ci attaccano. Possono risparmiarci le prediche, parlano con le stesse parole dei nostri avversari».

In un'altra riunione, invece, ha dedicato parole aspre a Luigi Di Maio, che proprio oggi presenterà il suo nuovo soggetto politico in sinergia con Bruno Tabacci. «In piena guerra», ha detto Conte riferito al suo ex sodale, «ha raccolto le sirene del sistema e ha tentato di sfondare il Movimento. «Alcuni rinnegano principi e valori per cui hanno combattuto. C'è chi deve sue fortune politiche al Movimento 5 Stelle e in queste ore cerca collocazioni politiche e ripari in altri partiti». Insomma, batte molto su quel tasto, così come sul tentativo di rivendicare un'identità: «L'unico voto utile è al Movimento 5 Stelle. Le nostre idee non sono negoziabili, la nostra colpa è rispettare quello che abbiamo detto ai cittadini», forse poco memore sulle giravolte che hanno riguardato tav e tap.

Tuttavia, al di là di questo, c'è anche una staffilata rivolta all'ex alleato Enrico Letta, che al Tg2, l'altroieri, ha rilanciato l'idea di una tassa di successione sui patriomoni milionari per garantire una dote ai diciottenni. «Il problema dei giovani non lo risolvi tassando i super ricchi e offrendo una dote ai 18enni, dice Conte. E chi ha compiuto dai 19 anni in su? I giovani non vogliono una dote, vogliono la speranza per il proprio futuro, vogliono un'opportunità concreta di lavoro, non il lavoro precario un giorno o una settimana». Parole che segnano il senso di uno strappo che, dopo la porta chiusa del Pd ad un'eventuale ricucitura, a livello nazionale appare in tutta la sua nettezza.

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