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Elezioni, ecco la "Fattoria degli Animali" del centrosinistra

Gianluca Veneziani
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Venuti meno i Draghi, restarono gli animali nella Fattoria degli Animali del centrosinistra. Provò a entrarci ma non si adattò mai Camaleonte Calenda e ne restò fuori Faina Renzi. A guidare il mini-zoo - più che una fattoria, un'arca di Noè, in attesa del diluvio - fu Letta dagli Occhi di Tigre che fece entrare nel recinto il Gatto e la Volpe Bonelli e Fratoianni; quelli assicurarono all'Uomo Tigre che i loro cinque disgraziati voti sarebbero diventati «centinaia, anzi milioni» e lo invitarono a piantare il tesoretto nel campo (largo) dei miracoli.

 

 


Dal quale si era già allontanato il Grillo parlante e al quale stava per dare l'addio anche la Cirinnà col suo fido e ricco cane, non avendo una cuccia certa in Parlamento. Si era aggregata intanto anche l'Ape Di Maio col suo tenue ronzio. Ma molti, nel Parco Draghi (Pd) - gli era stata intestata la fattoria, in sua memoria - obiettavano che quel posto sembrava un covo di vipere.

 

 


Portato dai pipistrelli, mentre impartiva consigli alle scimmie contro il vaiolo, giunse in fattoria il topo da laboratorio Crisanti che tuonò contro il cavallo (pazzo, di razza, o di Siena visto che andò al Palio?) Salvini, accusandolo di essere una «volpe» che si porta a pranzo «le galline» (cioè gli italiani ingenui) per poi mangiarsele. Non si trovò posto per Bersani che continuava invano a smacchiar giaguari. Pare che, fuori dal recinto, gongolasse il Caimano Silvio, mentre la Meloni si preparava a far la parte della Leonessa.

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