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Pierferdinando Casini, il retroscena che lo sbugiarda: era presidenzialista

Carlo Giovanardi
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Enrico Letta ha ricandidato nel Pd Pier Ferdinando Casini, in Parlamento dal 1983, perché si deve «difendere la Costituzione da ogni torsione presidenzialista». Diceva a suo tempo il grande Carlo Donat-Cattin che la politica non può essere come il Varietà dove ogni sera si cambia il Cartellone. Essendo stato capogruppo alla Camera del Centro Cristiano Democratico, di cui Pier Ferdinando Casini era segretario politico, ricordo bene quanto Casini fosse sinceramente e convintamente presidenzialista.

 

 

Ho ritrovato a proposito questa bella dichiarazione del senatore Francesco D'Onofrio, noto costituzionalista, a nome del CCD. Era il 10 ottobre del 1996 e D'Onofrio dichiarava alla Adnkronos, rivolgendosi al presidente del Consiglio Lamberto Dini: «Basta aggiungere al piano per sette riforme la previsione della elezione diretta del capo dello Stato e anche il Polo (An, Forza Italia, CCD, ndr) potrebbe essere convintamente d'accordo».

 

 

Qualche anno dopo nella bicamerale, poi abortita, presieduta da Massimo D'Alema, stava maturando un accordo sul semipresidenzialismo alla francese, senza particolari allarmi di rivolte popolari nel Paese. Ci possono essere pertanto mille decisivi argomenti per non privare il Senato della quarantennale esperienza di Casini, ma la Costituzione non va difesa tanto dalla torsione presidenzialista quanto dalla torsione da Varietà di cambiare idea a seconda delle circostanze tattiche e opportunistiche. 

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