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Pd, la sconcertante frase di Rachele Scarpa sui "soldi"

Antonio Rapisarda
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L'Italia è una Repubblica fondata «sul dover interrompere quel circolo vizioso» chiamato «lavoro», se questo «è l'unico mezzo di sostentamento per le persone». Ecco che cosa potrebbe capitare all'articolo 1 della Costituzione se l'Italia dovesse finire nelle mani dei piccoli "lettiani", tipo la trevigiana Rachele Scarpa: uno degli under 35 selezionati dal leader del Pd per rimpolpare di novità il prossimo Parlamento. Una boutade - questa del denaro che si dovrebbe ottenere anche senza dover faticare (uscita stanata sui social dal renziano Luigi Marattin) - figlia della giovane età della candidata ed esasperata da noi cattivoni di Libero? In realtà, la frase pronunciata - anzi letta da un testo scritto - dall'ex sardina finita inscatolata nelle liste dem per la Camera, è solo l'ultima delle gaffe dei pargoli di Letta che abbiamo già denunciato sul nostro giornale.

 

QUANTI SCIVOLONI
Ricordate le uscite sullo Stato di Israele definito «regime di apartheid»? Esatto, parliamo proprio di lei: una degli antisionisti impenitenti e nostalgici del comunismo sovietico - tutti capilista in diverse regioni (Scarpa in Veneto) - che hanno messo in serio imbarazzo Enrico Letta con la comunità ebraica e non solo. Un boomerang che è costato l'esclusione di uno dei capilista (Raffaele La Regina) e che ha aperto uno squarcio inquietante commentato così dallo storico Paolo Mieli intervistato da Pietro Senaldi: «I giovani presentati a Letta per essere candidati capilista non somigliano a quelli come Filippo Andreatta che lui frequentava a trent' anni ma a quelli dell'antica Federazione Giovanile Comunista. La sensibilità diffusa della sinistra alla fine èlì che va a parare». Rachele Scarpa conferma la lettura di Mieli. La piddina non si è limitata all'odio anti-israeliano né alle invettive anti-Draghi e pro-«patrimoniale subito». Per la sua "dottrina" economica, l'emancipazione dal lavoro si staglia come una sorta di nuovo orizzonte del proletariato.

Nel maggio dell'anno scorso, a margine del progetto "Next generation Pd", interveniva così sul tema spiegando ai suoi coetanei - a proposito di «circolo vizioso» - che il lavoro «è sempre più dequalificato, sottopagato e precario». Un'attività «che sottrae tempo alla vita anziché essere parte della vita e del tempo di vita».

 

LE POLEMICHE
Siffatta uscita è stata riprodotta dal deputato Luigi Marattin. «Che cosa significa? - ha infilzato l'economista di Italia Viva - Che lo debba invece essere la rendita, dietro cui non c'è produzione, crescita, occupazione? Oppure il sussidio?». Insomma: chi paga questa "interruzione" per restituire ai pargoli «parte della vita e del tempo di vita»? Colta ancora in fallo, come è avvenuto con i post antisionisti, Scarpa ieri non solo ha rivendicato l'uscita ma si è rifugiata nella vecchia critica marxista fra struttura e sovrastruttura: «Immaginare forme di sostegno al reddito universali non deve essere un tabù: è solo una delle strade percorribili per rendere concreti i principi di emancipazione della nostra generazione attraverso il lavoro e giusta retribuzione». 

Tradotto: per uno dei nuovi "big" del Pd apagare peril "non lavoro" deve essere lo Stato. Possiamo ipotizzare già come pagherà: con nuovo debito pubblico. O perché no, come intendono già fare Letta & co con la dote ai diciottenni, con una "bella" patrimoniale. Ecco spiegato perché un'uscita del genere non poteva lasciare indifferenti i leghisti. «Peccato che i soldi non crescano sugli alberi, in Veneto ce lo hanno insegnato sin da piccoli». A scagliarsi lancia in resta è Andrea Ostellari, presidente della Commissione Giustizia del Senato, certo che il 25 settembre «i veneti daranno fiducia a chi ama e rispetta il lavoro, non alla sinistra delle tasse e dell'assistenzialismo. Con questa ulteriore gaffe il Pd ha svelato il suo vero volto».

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