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Sondaggio di Masia: chi fa il botto e cosa può cambiare subito

Pietro Senaldi
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Centrodestra 47,5%, centrosinistra 27%, Movimento Cinquestelle 13%, Azione più Italia Viva 8%. Se dovesse davvero finire così, il leader del Pd, Enrico Letta, potrebbe prendere corda e sapone e impiccarsi, perché, se non fosse riuscito contemporaneamente a litigare con i grillini e con i progressisti di area riformista, avrebbe avuto serie possibilità di vincere le elezioni. Il campo largo delle sinistre infatti, messo insieme, ha su per giù gli stessi consensi di Fratelli d'Italia più Lega, Forza Italia e il centro di Noi Moderati. 

Oggi è l'ultimo giorno nel quale, grazie a una balzana e vagamente censoria legge che vige quasi solo in Italia, i giornali possono pubblicare i sondaggi. Ecco i dati che ha fornito a Libero Fabrizio Masia, a capo dell'istituto demoscopico e di consulenze politiche Emg Different. «Difficile che la situazione possa cambiare di molto nelle due settimane che ci separano da voto», spiega l'esperto di flussi elettorali, «perché, anche se attualmente abbiamo un 41% di indecisi, alla fine tre quarti di questi non si recheranno alle urne. Credo che l'astensionismo sarà intorno al 33%, quindi i voti ancora contendibili sono solo l'8% del totale. Cambiamenti radicali li escludo, sono possibili invece piccole oscillazioni all'interno degli schieramenti».

 

 

I TEMI CHE ORIENTANO - Quali sono i temi in grado di orientare le scelte degli elettori? «Al Covid abbiamo fatto il callo», riflette Masia, «non è più avvertito come un'emergenza e le tossine rimaste del grande scontro ideologico di solo pochi mesi fa su vaccinazioni e green pass non sembrano potere spostare gli equilibri». Ecco perché Italexit di Paragone, che raccoglie la protesta no vax, è dato al 2,5%, sotto la soglia minima necessaria (3%) per entrare in Parlamento. Ed ecco perché la pretestuosa, e alquanto fantasionsa divisione cavalcata da Letta tra sinistra sì vax e destra no vax non dà segni di sé nelle rilevazioni statistiche. «Anche il tema Russia e putinismo», prosegue l'amministratore di Emg, «è di nicchia. Ci badano solo gli appassionati di politica internazionale».

Discorso diverso invece per quanto riguarda il caro bollette e l'inflazione. Gli italiani sono molto preoccupati per il futuro e voteranno pensando al portafogli. Con un grande vantaggio però per tutti i partiti, perché il fatto che il governo Draghi fosse sostenuto da tutte le forze politiche, fuorché da Fdi e Fratoianni, fa sì che «l'elettore non metta in conto a nessuno in particolare il carovita e le ansie economiche», chiosa Masia. Che poi aggiunge: «Saranno decisive per orientare il voto le soluzioni che i vari partiti proporranno per contenere l'emergenza e la diversa credibilità che ciascuno riuscirà a dare sulla capacità e l'intenzione di mantenere le promesse».
Quanto all'analisi dei dati, quello più eclatante riguarda la differenza tra il primo e il secondo paritot, che non pare colmabile. Ma vediamo nel dettaglio la situazione delle forze in campo.
 

FRATELLI D'ITALIA - Fdi parte da un 24,5% «ma mi aspetto una crescita marcata a ridosso del voto, sia come prosecuzione di una tendenza in atto sia perché la Meloni è la novità del panorama elettorale e, lo abbiamo già visto nel 2013, nel 2014, nel 2018 e nel 2019, l'effetto novità è quello che più paga», spiega Masia. In più, Giorgia beneficia degli assist involontari del rivale Letta, «perché la polarizzazione dello scontro rinforza lei, che da tempo ha un indice personale di gradimento alto, e indebolisce lui , che invece ispira meno». «La Meloni poi», aggiunge il direttore di Emg, «è favorita anche dal fatto di essere donna, altra novità della contesa e ha, rispetto agli alleati, il vantaggio di apparire la più dialogante all'interno della coalizione. Oltre, ovviamente, al pregio della coerenza, che tutti le riconoscono, e al fatto di incarnare in maniera credibile i valori conservatori». Quanto al fattore «M», ossia l'accusa di flirtare ancora con il fascismo e di essere una minaccia per la democrazia, «fa presa solo sugli elettori più convinti della sinistra, quindi non sposta voti e non la danneggia».

 

 

LEGA - Masia accredita a Salvini il 12% dei consensi. «Farà fatica a superare i Cinquestelle» sentenzia il sondaggista, secondo il quale il leader leghista «non patisce l'accusa di putinismo però ha fatto un errore a impostare la campagna elettorale su temi valoriali. Quelli pagano se non hai mai governato, come Fdi; quando invece sei già stato nella stanza dei bottoni, meglio puntare sulle cose fatte e sulla concretezza, che poi da sempre è la forza della Lega». Per risalire quindi, la ricetta suggerita è picchiare duro sull'immigrazione, sulle pensioni e sulle tasse, che sono il cuore dell'offerta elettorale del Carroccio. A questo proposito, il consiglio dell'esperto a Salvini è di «coinvolgere i propri amministratori locali, vicini al territorio e molto forti elettoralmente». Quanto alle recenti uscite critiche sulle sanzioni contro Putin, per Masia, «servono a consolidare l'elettorato e a portare qualche voto in più perché perché i cittadini sono in ansia perla guerra, ma se vengono interpretate come l'intenzione di ridiscutere i rapporti internazionali dell'Italia, potrebbero anche avere un effetto boomerang».

FORZA ITALIA - La classe non è acqua e il vecchio leone non muore mai. I sondaggi danno Berlusconi all'8%. «Silvio tiene», è il ragionamento del direttore di Emg, «perché può contare su uno zoccolo duro affezionato, ha una storia politica di promesse mantenute e sta facendo proposte sulle quali vanta credibilità». Pagano anche, agli occhi dell'elettorato più conservatore, il profilo moderato e la statura internazionale del leader azzurro, che però patisce la concorrenza di Noi Moderati, le sue creature e i suoi figliocci adottivi, da Toti a Brugnaro fino a Lupi, che ballano intorno alla soglia del 3% e, se non la raggiungessero, potrebbero regalare un paio di decine di seggi ai tre partiti maggiori del centrodestra.

PARTITO DEMOCRATICO - Il 19,5% che Emg accredita al Pd, giusto un punto sopra quello di Renzi, è forse il dato più sorprendente dell'intera rilevazione, anche perché nel 2018 M5S stava venti punti sopra rispetto a oggi. «Letta non è aiutato dal partito», commenta Masia, «che lo ha un po' abbandonato a se stesso. L'elettorato avverte il leader come poco supportato e i segni di sfilacciamento tra i dem sono evidenti». Ma per il segretario dem è il caso di scomodare il detto «chi è causa del suo mal, pianga se stesso». Gli errori che infatti gli attribuisce l'esperto sono gravi: «Parole d'ordine generiche in un momento in cui i cittadini hanno bisogno di risposte concrete, attacco a testa bassa di un leader mediaticamente più forte, approccio distruttivo dell'avversario e poco propositivo a livello programmatico».

Non ha pagato la scelta di imbarcare Fratoianni e i Verdi, «che in questa fase non hanno particolare attrattiva elettorale», e non ha pagato neppure la mossa di presentarsi come alfiere del draghismo, «perché poco rassicurante e perdente rispetto alla medesima offerta proposta da Calenda e Renzi». La previsione è che i dem terranno nelle vecchie roccaforti dell'Italia centrale e nelle nuove roccaforti dei centri delle ricche città del Nord, ma andranno male al Sud e nelle province.

MOVIMENTO CINQUESTELLE - I grillini non pagano il conto dell'addio di Di Maio e sono favoriti dall'autoeclissi del fondatore Grillo. Premesso che il Movimento perderà circa venti punti rispetto alle Politiche del 2018, Conte, che l'ha ereditato già agonizzante, secondo Masia «cresce, e forse crescerà ancora, perché non sta sbagliando nulla» a partire dalla presenza solo in video, da remoto, al forum di Cernobbio, a testimoniare che lui non c'entra nulla con la classe dirigente e i potere forti che si radunano ogni anno in riva al Lago di Como. «Il leader di M5S», prosegue il sondaggista, «si muove in perfetta coerenza con tutti gli elementi che lo hanno portato alla rottura con il governo Draghi e ha azzeccato l'argomento elettorale, ossia la conferma del reddito di cittadinanza e la promessa di estenderlo. La crisi, la paura di impoverirsi sono benzina peril consenso grillino, che non a caso potrebbe risultare il primo partito in alcune tra le zone più depresse del Mezzogiorno».

AZIONE E ITALIA VIVA - La strana coppia Renzi-Calenda è stimata all'8%, «ma non mi stupirei se arrivasse al 10», vaticina Masia. Anche questo per via della tattica suicida di Letta, che dividendo in tre il fronte della sinistra ha di fatto sdoganato il voto inutile non solo per Azione e Italia Viva, ma anche per il Pd. «E se il voto a sinistra è bollato come inutile», ragiona l'amministratore di Emg, «allora gli elettori progressisti moderati si sentono liberi di votare per Calenda o Renzi, specie dopo che il Pd si è legato alla componente più estrema della sinistra, che aggregata in questo modo toglie molto più di quel che porta». Calenda, più di Renzi, penalizzato dall'effetto del già visto, è il vero rivale di Forza Italia ma in parte anche della Meloni, essendo con Giorgia la principale novità del quadro politico. 

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