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Giorgia Meloni, minacce di morte dalle Br: il volantino-choc

Gianluca Veneziani
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Bisogna stare attenti alle parole. Possono diventare pietre o proiettili, come la storia ci insegna. Tradursi in manifesti a caratteri piombati e in nuovi Anni di Piombo. Non si deve perciò sottovalutare il volantino firmato Brigate Rosse, giunto due giorni fa nella sede del gruppo consiliare provinciale di Fratelli d'Italia a Trento (luogo dove, per inciso, nacquero le vecchie Br) e nella sede del quotidiano L'Adige, e pieno di insulti e minacce, anche di morte, rivolti alla Meloni e agli esponenti di Fdi. E non si deve far l'errore di ridurlo a episodio isolato, frutto della mente di un fanatico, perché pare piuttosto il prodotto, terribilmente spaventoso, di un clima d'odio verso il "nemico" politico alimentato da partiti e stampa progressisti. Ora, per evitare equivoci, è evidente che nessun leader di sinistra voglia armare il braccio di terroristi politici, e ci mancherebbe; però occorre essere molto cauti nell'utilizzo di certe espressioni (vedi quella di Conte che l'altro giorno ha evocato la guerra civille), perché rischiano di essere riprodotte, quasi in maniera pedissequa, da estremisti o squilibrati che le prendono alla lettera e pensano di tradurle in atto. Basti leggere ciò che scrive la "Colonna brigatista trentina Mara Cagol", come si firma l'autore (o si firmano gli autori) del volantino minatorio destinato al coordinatore regionale di Fdi in Trentino-Alto Adige e candidato in Veneto Alessandro Urzì e alla consigliera provinciale e capolista di Fdi in Trentino- Alto Adige Alessia Ambrosi: l'attacco è alla «coalizione allargata "demonazionalsocialfascioleghista"», guidata dall'«erede fascista Giorgia Meloni, nazionalista, interventista», nonché «pasionaria del Duce Benito Mussolini travestita da moderata del centrodestra» che «si propone di guidare il paese a una nuova catastrofe, ricalcando le orme del suo antenato Duce». Da cui la minaccia: «È evidente che a queste persone la storia non ha insegnato nulla. Piazzale Loreto non ha insegnato nulla. I nuovi Gap sono pronti a intervenire e silenziare i nuovi fascisti. Accoglieremo la Meloni con la sorpresa che merita. Pagherete caro», con riferimento ai comizi che la leader di Fdi terrà domani a Trento e Bolzano.

 

 


ANALOGIE AGGHIACCIANTI
È agghiacciante l'analogia di questo volantino - su cui la Digos sta indagando- con discorsi profferiti da esponenti di sinistra o articoli pubblicati sui giornali d'area. Sulla Giorgia finto-moderata si è espresso l'altro giorno proprio il segretario del Pd Enrico Letta: «Tante volte mi viene detto in questa campagna elettorale: "In fondo Meloni parla un linguaggio moderato"'. Ma due mesi fa fece quel discorso in Spagna. Il vero progetto di Meloni e Fdi è in quel discorso», cioè quello rivolto alla platea di Vox. E sulla Meloni che porterà il Paese alla catastrofe? Sul tema si sono già espressi tutti i leader di centrosinistra. Sentite cosa diceva Letta nell'intervista del 28 agosto ad Avvenire: «Tutti ricordano il baratro del 2011, con il governo Berlusconi - e Tremonti e Meloni ne erano ministri - costretto a dimettersi perché il Paese era sull'orlo della bancarotta. Ecco che loro si ripresentano nella stessa formazione pronti per una nuova bancarotta». Calenda non è da meno: «Con Meloni al governo avremmo il caos». E Speranza? Anche lui vede il disastro: «Meloni è una minaccia per tenuta del paese», assicura.

 

 


Vogliamo continuare con la Meloni pericolo nazionalista, come recita il volantino? È vulgata diffusa a sinistra. Letta, due giorni fa: «Per loro (Meloni e Salvini, ndr) l'Europa è un incontro fra nazionalismi». E su Giorgia e Fdi, eredi e nostalgici del Duce? È sufficiente leggere i giornali del gruppo Gedi. Citiamo in ordine sparso alcuni titoli. L'Espresso: «Quanti nostalgici del Duce nelle liste di Fdi». La Repubblica: «La pubblicistica di Fdi: tra manifesti e loghi il richiamo al fascismo è continuo». Fanno altrettanto i candidati dem. Così parla Sara Ferrari, capolista del Pd nel collegio di Trento, rispondendo al Salvini che proponeva «calci in culo a quelli delle baby gang»: «Eccoli», diceva l'esponente del Pd, «i metodi di correzione fascisti».


ATTI INTIMIDATORI
Vale a riguardo il commento del senatore di Fdi, Giovanbattista Fazzolari: «Dovrebbe far riflettere il fatto che le farneticanti affermazioni scritte nella lettera di minaccia alla Meloni siano in gran parte sovrapponibili con le parole diffuse ogni giorno dal Pd e dalla stampa di sinistra. Mi auguro che questi personaggi si rendano conto della gravità delle parole di odio che diffondono». Anche perché, come notava ieri la Meloni, «il clima di intolleranza che certa sinistra sta costruendo attorno a me e a Fdi adesso sfocia in atti intimidatori». Come nota Urzì, «a prescindere dai responsabili, quel volantino è figlio di una continua campagna di denigrazione e delegittimazione della destra. È vero, il Pd locale ha fatto una nota per prendere le distanze. Ma, quando il clima creato da una certa sinistra si fa pesante e si usa un certo linguaggio, ci sono persone deboli che si fanno condizionare e pensano che quanto viene detto di Fdi e Meloni corrisponda a verità e pensano di farsi giustizia da soli. Non dimentichiamoci che i periodi peggiori della tensione in Italia sono nati proprio da scontri verbali». Non se lo dimentichi chi a sinistra soffia sul fuoco (e sulla Fiamma), con l'obiettivo di procurarsi qualche voto in più, ma col rischio, non voluto ma concreto, di convincere qualcuno che l'avversario politico non vada battuto alle urne, ma abbattuto fisicamente. 

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