Rai, 5s e Pd occupano i tg: Storace svela l'ultima vergogna
Pd e Cinque stelle fino all'ultimo giorno di campagna elettorale occuperanno gli schermi Rai. Chi perde, vince, insomma. Ci sono abituati e la televisione pubblica non fa eccezione. In pratica siamo passati dal manuale Cencelli al codice Agcom. L'autorità garante delle comunicazioni adopera un meccanismo infernale, un algoritmo, per stabilire se c'è pluralismo o no nell'informazione e poi procedere alle relative sanzioni in caso di violazione. Quei poveri direttori, tanto criticati, devono guadagnarsi lo stipendio con la calcolatrice per i secondi in più o in meno rispetto alle percentuali che vedremo: sono gli effetti della par condicio voluta tanti anni fa contro Berlusconi e il centrodestra. In pratica, l'Agcom usa e impone ai direttori dei tiggì l'algoritmo, ma senza diffonderlo all'esterno perché pare non sia tanto regolare una cosa del genere: nella sostanza viola la libertà editoriale. Perché da un giornalista puoi pretendere che rispetti il pluralismo, ma le modalità dovrebbe deciderle lui e non uno strano strumento di "garanzia". L'algoritmo in questione - che Libero offre ai suoi lettori - serve a mediare sulla rappresentazione o meno di un partito in televisione: lo si ottiene attraverso una formula che mette insieme i voti ottenuti alle politiche del 2018 e i gruppi parlamentari come si vanno formando (e probabilmente anche modificando) nel corso del tempo. Sono questi gli ingredienti per l'algoritmo, i sondaggi no.
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POSTI INVERTITI E quindi accade che i grillini debbano spiccare il volo nell'informazione televisiva e Fratelli d'Italia, che tutti indicano come il prossimo primo partito, no. Di Maio deve contare quasi più della Meloni. La stessa Lega è sottodimensionata mentre il Pd la fa da padrone. È la Spectre, in pratica, per decidere quanti secondi puoi parlare o no. Con tanto di recupero nella settimana successiva, con più probabilità per gli sconfitti già noti del 25 settembre. Che saranno pure all'ultimo giro, ma mica è bello lo spettacolo che si offre nel nome del canone Rai. Al M5s "spetta", per questo curioso calcolo, il 24,66% del tempo, con tanto di valori minimi e massimi: dal 19,72% al 29,59% non si paga dazio. Se i gruppi parlamentari non fossero stati sottoposti a più scissioni, vedremmo Conte e soci in mondovisione. La Lega sarebbe al secondo posto, ma i dati dell'osservatorio di Pavia sulla presenza televisiva sono raramente rispettati secondo la percentuali Agcom che riconosce al partito di Salvini il diritto ad usufruire del 18,78% del tempo. Al Pd il 16,54% dello spazio, ma lo sfora praticamente sempre. Forza Italia al 13,27 e Noi moderati il 2,71. Per l'Agcom Fratoianni e Bonelli dovrebbero apparire in tv per lo 0,37% del tempo. Stanno sempre lì. Come Italia Viva ed Azione, che dovrebbero beneficiare del solo 2,90. Sfida sul cronometro vinta da Renzi e Calenda, protagonisti quotidiani del piccolo schermo Rai. Infine, il caso più clamoroso: l'algoritmo dell'Autorithy assegna a Fratelli d'Italia il 5,23 per cento, a Impegno Civico di Di Maio e Tabacci ben il 3,63: ci rimarrà male la Bonino che vede +Europa bloccata all'1,39% dell'informazione pubblica. Ma comunque sono "regole" che vengono applicate quasi deridendole. Il che non sarebbe male, se non avvenisse tutto a senso unico. Basta consultare alcune delle tabelle più clamorose fornite dall'Osservatorio di Pavia sulla presenza politica in tv.
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IL CONTRARIO DEL PAESE REALE Nell'ultima settimana rilevata, quella dal 27 agosto al 2 settembre, i telegiornali regalano il 19 per cento ai Cinque stelle e il 14,6 al Pd. Con altri 10 punti complessivi tra calendiani, dimaiani e sinistre varie, la percentuale contro il centrodestra, maggioritario nel paese, vola al 45 per cento. Salvini, Berlusconi, Meloni e centristi della coalizione non raggiungono il 30 per cento degli spazi in voce. Esattamente il contrario del Paese reale. Un altro paradosso: nella settimana precedente al deposito delle liste -13-19 agosto - spettacolo fantastico. Non solo il centrodestra sempre sotto tutte le sinistre spappolate in vari schieramenti, ma Di Maio e Tabacci ottengono il 9,2 per cento degli spazi televisivi: Fdi il 7,2%. Chissà se l'algoritmo Agcom prevede la sparizione di Di Maio e soci almeno fino al 25 settembre dagli schermi Rai.