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Monica Guerritore, balle sulla Meloni: "Ha fatto fuori Draghi"

Gianluca Veneziani
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La logica è: intervista un personaggio dello spettacolo e fagli dire qualcosa contro la Meloni, così ci costruiamo sopra un titolo. E, anche se quello dice una fregnaccia, non contestargliela, anzi lasciala in pagina, ché una bugia, se viene ripetuta, finisce per essere una verità. Con questo metodo non proprio impeccabile sul piano giornalistico, mettiamola così, ieri La Stampa ha intervistato l'attrice Monica Guerritore, da sempre pasionaria anti-destra, con l'obiettivo dichiarato di farle dire peste e corna di Giorgia. Ora, la Guerritore può pensarla come le pare e esternare tutto il male possibile sulla Meloni. Però deve essere esatta in ciò che dice, sennò perde credibilità e il suo stesso attacco finisce per indebolirsi e ritorcersi contro colei che lo fa. Perché, intendiamoci, un personaggio dello spettacolo non è tenuto a occuparsi e a saperne di politica; ma, se decide di parlarne, deve prima informarsi e sapere ciò che dice per non fare clamorosi scivoloni. Come quello del passaggio in cui la Guerritore, alla domanda dell'intervistatrice, Michela Tamburrino, che le chiede cosa pensi della possibilità di Meloni prima donna premier, risponde con sicumera: «Il fatto che sia donna o uomo è ininfluente rispetto al dato gravissimo che questa persona abbia contribuito, in un momento storico drammatico, a buttare giù un governo sei mesi prima della sua fine naturale. Un governo che stava lavorando bene in uno scacchiere geopolitico molto complesso. Una grave complicità in un'azione che ha fatto un gran male al nostro Paese».

 

 

 

NESSUNO LA CORREGGE

Ecco, nessuno, tanto meno la Tamburrino che nella domanda successiva passa a parlare d'altro, deve aver comunicato alla Guerritore che non è stata mica la Meloni a far cadere il governo Draghi, e questo per una semplice ragione: lei al governo non c'era e nemmeno in maggioranza, perché era all'opposizione. Chi ha fatto cadere Draghi sono stati altri, a cominciare da quel Conte, un tempo alleato del Pd tanto amato dalla Guerritore... A fronte di questa balla clamorosa sparata a inizio intervista, perdono valore tutti i successivi attacchi che la Guerritore sferra alla Meloni, a partire dalla profezia per cui «quando la Meloni non sarà più all'opposizione, le arriveranno mazzate da ogni parte». A parte il fatto che le mazzate le arrivano eccome già ora da giornali di sinistra e intellò e personaggi dello spettacolo, finti esperti di politica, se la Meloni legge bene il futuro così come conosce il passato prossimo della nostra politica, allora la leader di Fdi può dirsi in una botte di ferro... A fronte di questa gaffe, potremmo rispondere alla Guerritore, che nel 2018 aveva detto della Meloni «lei tocca le corde più basse delle persone», che lei invece tocca le corde più basse della competenza politica. Ma, in fatto di fake news, i giornali anti-meloniani hanno preso una laurea. $ inciampato in una bella grossa pure il Corriere della Sera, che l'altro ieri aveva ospitato in un pacato (e palloso) confronto la Meloni e Letta, intervistati dal direttore Luciano Fontana. Ebbene, commentando il dibattito e dando le pagelle ai leader e alle rispettive performance, la giornalista del Corriere Virginia Piccolillo scrive che la Meloni ha preso «due scivolate» e la seconda è che «la Polonia non confina con la Russia». Ma siamo sicuri? Con il Paese dello Zar il Paese polacco confina per ben 210 chilometri, cioè quelli corrispondenti all'exclave di Kaliningrad. Ah, ve l'eravate dimenticata perché è fuori dal restante territorio russo e un tempo è stata terra tedesca? Eppure se ne è parlato tanto nei primi mesi della crisi in Ucraina, al Corriere - che ci risulta si occupi di attualità dovreste saperlo... O magari come caposervizio esteri e correttore bozze in via Solferino è arrivato il ministro degli Esteri Di Maio, colui che era convinto che la Russia avesse uno sbocco sul Mediterraneo?

 

 

 

NOTE STONATE

Mentre, a proposito di botte menate da uomini e donne di spettacolo "impegnati" dopo le sortite dimenticabili delle varie Elodie o Giorgia al coro conformista si aggrega pure un artista che di solito vola più alto, ma che stavolta si abbassa a ripetere la solita nenia anti-meloniana, e cioè Roberto Vecchioni. Indovinate chi lo intervista? Ma ancora La Stampa, va da sé, che presto aprirà una sezione del giornale chiamata "Spara melma contro Giorgia, a prescindere". L'attacco di Vecchioni è addirittura metafisico, nel senso che prefigura uno scenario dantesco in caso di vittoria della Meloni: «Gli italiani», sostiene, «hanno deciso che nel limbo non vogliono starci, meglio l'inferno». Cioè quello in cui bruciano tutti gli italiani che amano rosolarsi sulla Fiamma... $ quindi con dolore di "dannato" suo malgrado che il cantautore riconosce che «è plausibile pensare a una vittoria ampia della destra, rischiamo anche un 70 a 30. Gli italiani hanno deciso una linea, che non so nemmeno se definire destra». E ancora: «Per me Giorgia Meloni non è credibile, ma lo è per la gente e quindi vincerà». L'inferno evocato da Vecchioni si chiama democrazia ed è quello che ci consente di non sprofondare nei veri inferni, in cui a governare è un autocrate o un partito che non vince le elezioni (ahi, questo è successo finora...). Dicendo questo tuttavia, un cantante tanto amato dagli italiani non offende solo la Meloni, ma gli stessi italiani, attribuendo loro l'incapacità di scegliere tra ciò che è Bene e Male, anzi la volontà di preferire deliberatamente il Male. La solita pretesa sinistra di decidere al posto degli italiani e di sapere cosa è buono e giusto per loro. Vien voglia di dire a Vecchioni, citando il suo capolavoro Luci a San Siro, «Parli di sesso, prostituzione, di questo han voglia se non l'ha capito già». E lasci perdere la politica, che interessamolto meno e in cui è molto più facile incappare in una nota stonata... 

 

 

 

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