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Le sanzioni alla Russia stanno funzionando eccome. L'analisi di Andrea Pasini

Andrea Pasini
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A quasi sette mesi dall’invasione del territorio ucraino da parte delle truppe russe, viene da chiedersi cosa ne sarà di questo conflitto. Mentre l'Ucraina continua con grande fatica a riconquistare terreno a sud e a est del paese, l’Europa prosegue con le sanzioni per contrastare l’avanzata di Mosca. 

Una guerra silenziosa, quella tra l’Ue e il Cremlino, che non si muove sul terreno di guerra ma che risulta altrettanto dannosa per entrambe le parti. Se infatti Putin continua a ricattare l’Europa con l’arma del gas, ad agosto lo stato russo è andato in deficit per 360 miliardi di rubli, pari a 5,9 miliardi di euro.

Dallo scoppio del conflitto a oggi, la Russia di Putin ha così decimato il suo surplus (a febbraio superiore ai 500 miliardi di rubli). Chi sostiene che le sanzioni non abbiano effetto sulla Russia è in palese malafede geopolitica. Le sanzioni funzionano e devono continuare se vogliamo salvare l’Occidente dal pericolo di Mosca e se vogliamo salvare il valore della democrazia nell’Occidente. 

Le scelte dell’Europa si stanno mostrando vincenti e l’economia russa risulta attualmente paralizzata in maniera catastrofica con un crollo del 4,3% solo nel mese di luglio. Gli introiti del gas sono infatti passati dal 40% al 9% e secondo alcuni media britannici, altre forme di introito sono crollate del 37%. Un funzionario statunitense ha poi sottolineato come l’esercito russo stia soffrendo gravi carenze di rifornimenti in Ucraina, in parte a causa dei controlli e delle sanzioni sulle esportazioni. Una situazione drammatica che ha spinto il ministero della Difesa russo a rivolgersi alla Corea del Nord per l’acquisto di razzi e proiettili di artiglieria. 

Le sanzioni stanno funzionando e il posizionamento della Russia come esportatore di materie prime è ormai irrevocabilmente deteriorato e anche le importazioni appaino in gran parte crollate, rendendo difficile assicurarsi i beni cruciali, inclusi ricambi e materiale tecnologico. La situazione non migliora quando si parla di produzione interna, ormai completamente arrestata con nessuna capacità di sostituire attività, prodotti e talenti perduti.

Negli ultimi sette mesi, la Russia ha perso una quota pari al 40% del suo Pil, vanificando il lavoro fatto negli ultimi 30 anni e la perdita dell’innovazione e della capacità produttiva interna ha portato all’impennata dei prezzi e alla preoccupazione dei consumatori. I mercati finanziari russi sono i peggiori nel Mondo quest’anno, sia guardando agli indicatori correnti sia alle previsioni e, nonostante lo stretto controllo sui capitali, hanno scontato una debolezza sostenuta e persistente con la contrazione della liquidità e del credito. In aggiunta, la Russia è stata sostanzialmente tagliata fuori dai mercati internazionali, limitando la sua capacità di accedere ai finanziamenti necessari per rilanciare la propria economia.

Le tesi di chi sostiene che l’economia Russia abbia rimbalzato, semplicemente, non è reale. I fatti dicono che, in base a qualsiasi parametro e a qualsiasi livello di analisi, l’economia russa vacilla e ora non è il momento di premere il freno sulle sanzioni. Con questo non voglio certamente dire che le sanzioni non hanno  purtroppo conseguenze economiche anche sul nostro Paese, non sarebbe onesto da parte mia. Ma quello che mi sento di ribadire è che chi vuole sostenere che le sanzioni non sono efficaci e utili a centrare il loro obiettivo, quello di indebolire fino a far collassare l’economia russa, dovrebbe cercare, e trovare, dati coerenti che confermino la propria tesi.

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