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Mario Draghi, "perché tale è": la bastonata al Pd, Letta che dice?

Giovanni Sallusti
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Draghi sputafuoco, titolava in serata Dagospia, ed è la cronaca migliore di quella che con ogni probabilità è stata la sua ultima conferenza da presidente del Consiglio. Il punto è distinguere bene le fiamme, valutare compiutamente gli obiettivi, insomma tenersi alla larga da quella che invece è la cronaca dei giornaloni. I quali perseverano serafici nel loro gioco di società preferito: fingere che l'ex governatore della Bce sia un tesserato del Pd. E allora le scudisciate draghiane ai partiti (alcune sacrosante, altre tendenziose) diventano sic et simpliciter scudisciate ai barbari del centrodestra.

Un resoconto anche parzialissimo mostra che non è così. Anzitutto, rimbomba quel "No" sulla disponibilità per un secondo mandato. Un monosillabo che fa saltare un'intera campagna elettorale, quella di Calenda. Se togliamo al condottiero pariolino lo spot allucinogeno di un Draghi Bis, gli resta in mano solo il suo liberalsocialismo all'amatriciana, un po' poco. E le fantomatiche "fonti di Azione" che fanno filtrare un surreale "non poteva dire altro" non fanno che confermare la disfatta comunicativa. Dopodiché, è vero che il premier contraddice espressamente Salvini sulle sanzioni alla Russia che "funzionano" e "vanno mantenute", ma bisognerebbe riportare l'esatta risposta al giornalista che indugiava sul tema: «All'interno del centrodestra ci sono tanti punti di vista, lei mi vuol far dire che il punto di vista di Salvini prevale, è una visione che il governo attuale non condivide».

 

 

«Draghi concorda con la Meloni», si potrebbe quindi semplificare con squilibrio uguale e contrario. C'è l'affondo contro i "pupazzi prezzolati" dalla Russia, certo, e ovunque si trovino (storicamente perlopiù a sinistra) è da sottoscrivere. Ma c'è anche l'affermazione inequivocabile: "L'intelligence americana ha confermato di non disporre di alcuna evidenza di finanziamenti occulti russi a candidati o partiti che competono nell'attuale tornata elettorale". Ergo, per chiunque non abdichi ai rudimenti della logica, il "pupazzo" leghista esiste solo sulle prime pagine di Repubblica.

Sempre pensando di avere a che fare col vice di Letta, i colleghi lo incalzano su Meloni e Orban, e lui argomenta: «I nostri alleati sono la Germania e la Francia che difendono lo Stato di diritto. Bisogna chiedersi chi mi aiuta a proteggere gli italiani meglio? Chi conta di più tra questi partner?». È un posizionamento differente, con annesse frecciatine, rispetto alla leader di FdI? Sì, ma leggete quest'altro: «Nei rapporti internazionali bisogna essere trasparenti. Ci vuole coerenza, non giravolte per cui si vota l'invio delle armi e poi si dice no, non sono d'accordo. Si voleva forse che l'Ucraina si difendesse a mani nude?». Queste non sono allusioni, queste sono veri e propri schiaffoni a Peppino Conte (platealmente arruolato da maggiorenti Pd come Emiliano contro lo spettro delle "destre"). E quel «bisogna continuare con il sostegno all'Ucraina, fino a che non vinca la guerra di liberazione, perche tale è» è la sconfessione integrale dei principali alleati di Letta, il duo dei pacifinti Bonelli&Fratoianni, anti-armi, anti-Nato, anti-America.

 

 

 

Su questo fronte non esattamente secondario, la guerra nel cuore dell'Europa, quella più in consonanza con Draghi rimane di gran lunga Giorgia Meloni. Anche per questo, la drammatizzazione del voto sfornata da Bruno Tabacci, badante politico di Di Maio e del suo Impegno Civico, suona lievemente posticcia: «Il passaggio da Draghi a Meloni non è gratis, non è senza conseguenze». Meno traumatiche del passaggio Draghi-Fratoianni, vien da dire. Al netto delle singole dichiarazioni e di quel nuovo genere giornalistico che è l'esegesi draghiana (sempre unilaterale, coincidente con l'esegesi del Nazareno), rimane il dato di fondo. Mario Draghi ha inscenato una sorta di secondo tempo del suo ultimo discorso in Parlamento, ha menato fendenti contro i partiti a destra e a manca. Ma la ribalta se la prendono solo quelli a destra. SuperMario spacciato come supereroe progressista. Per sua fortuna, è una delle ultime volte.

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