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Matteo Richetti, sexy-scandalo? Massacrato dalle donne Pd: l'accusa più infamante

Salvatore Dama
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L'affare di Matteo Richetti si ingrossa. Nel senso che stavolta parla lui. Dopo essere stato indirettamente chiamato in causa da un'inchiesta di Fanpage. Che ha pubblicato l'intervista di una anonima (presunta) molestata, vittima di un senatore polipone.

Sarebbe lui. Ma il presidente di Azione nega, si indigna e rilancia. Diffonde la querela presentata contro la donna misteriosa ascoltata dal sito di informazione. Che a sua volta, invece, ha puntato il dito contro Richetti, sputtanandolo pubblicamente (niente nomi, solo allusioni), ma senza presentare denuncia. Il caso diventa tema di campagna elettorale. Con le donne del Partito democratico che attaccano il partito di Carlo Calenda. Lo accusano di patriarcato. Ripescano lo schema con cui furono crocifissi gli Alpini: molestia è anche se non si presenta denuncia.

 

Il centrodestra non cavalca l'onda. Eppure Forza Italia avrebbe tutto il vantaggio di bersagliare il suo competitor diretto al centro. Perché? Pare che la donna in questione sia personaggio conosciuto anche in ambienti berlusconiani. Dove era andata a bussare, spiegando la sua passione irrefrenabile per la politica, prima di rivolgersi a un senatore di cui è nota la debolezza per il fattore F.

FINTI ACCOUNT
Richetti non avrebbe tenuto a freno il suo istinto. Analoga attitudine posta in essere anche da un vice ispettore di polizia, non indifferente al feromone della donna. E questa è la versione di lei. Affidata a un giornalista, però, non alle autorità di pubblica sicurezza. Cosa che invece ha fatto il senatore azionista. Il quale ripercorre, con l'Adnkronos, tutte le tappe della vicenda. È il 28 novembre 2021 quando Matteo si presenta alla polizia postale. Non è "il rattuso", ma la vittima. Presenta denuncia contro ignoti per dei post e dei commenti diffamatori. Tipo: "Omm 'e merda, te devono arrestà", "Sei uno schifoso", "Tu sei malato di testa". Seguono altre frasi ingiuriose sui profili del senatore, di sua figlia, del suo staff. Pare che l'attività in questione sia attribuibile proprio ad Ambra (nome di fantasia).

 

"Da un anno", si legge in una nota del partito,"il senatore Richetti ha denunciato alla magistratura e alla polizia postale attività di stalking e minacce riconducibili a una donna già nota alle forze dell'ordine. Attraverso messaggi contraffatti, finti account social e telefonate, la persona in questione sta molestando da mesi il senatore e la sua famiglia. Tutto il materiale è in mano alla magistratura". Ma Azione se la prende anche con Fanpage. Che, a detta di Calenda, ha tirato fuori il dossierino dal cassetto quando manca poco più di una settimana alle elezioni. Curioso che il leader centrista abbia taciuto quando analogo trattamento era stato riservato ad altri (per esempio, Fratelli d'Italia).

CALENDA FURIOSO
«Una donna. Senza nome? Senza denuncia? Ma vi rendete conto che neppure nella Romania di Ceausescu a dieci giorni dal voto si operava cosi?». Carlo lo scrive su Twitter, aggiungendo: «Nessuno ha denunciato Richetti o aperto un'indagine su di lui. È Matteo che ha denunciato. Quindi non c'è alcun grado di giudizio. La magistratura sta lavorando così come la polizia postale. In nessun paese al mondo si raccolgono denunce anonime e si ignorano atti legali formali. Però questa è l'Italia. E a questa roba siamo avvezzi. Amen», conclude Calenda. Fanpage replica: «Non abbiamo mai nominato il senatore oggetto della nostra inchiesta. Non capisco il perché delle accuse di Richetti», dice il direttore Francesco Cancellato. Sul senatore ex Pd e sul suo leader si scatena l'ira funesta delle Me Too democratiche. «Come sempre i presunti molestatori sono persone per bene e le presunte vittime sono pazze squilibrate. Carlo, vergognati!», lo scrive su Twitter la vice presidente del Parlamento europeo Pina Picierno. «Una cosa è certa», fa eco Laura Boldrini, deputata del Pd, «non denunciare non vuol dire non aver subito molestia o violenza. Basta guardare i dati Istat: 8 donne su 10 non denunciano le violenze subite. Questo Calenda non può non saperlo!».

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