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Raffaele Fitto, la confessione: "Ecco perché FdI ha difeso Orban in Europa"

Antonio Rapisarda
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«Quando Giorgia Meloni dice "è finita la pacchia" sottolinea un fatto: che è giunta l'ora, e noi ci auguriamo che sia il 25 settembre, di un governo autorevole perché legittimato dagli elettori. Un governo che dopo oltre dieci anni torni in Europa per puntare i piedi in difesa degli interessi italiani ma anche per costruire una comunità europea forte e capace di correggere i suoi errori. Cambiare non contro l'Europa. Dentro l'Europa». È un fiume in piena Raffaele Fitto - europarlamentare e copresidente di Ecr, sherpa meloniano a Bruxelles, candidato al rientro a Roma nel plurinominale di Lecce-Brindisi. In questi anni ha affiancato la numero uno di Fratelli d'Italia nella costruzione della leadership di Ecr. Adesso il percorso è un passo da un traguardo clamoroso: i "conservatori" potrebbero arrivare a guidare la terza economia d'Europa.

 

 

 

Gli avversari agitano lo "spettro continentale" di un governo di centrodestra a guida Meloni. Per i vostri partner europei che cosa sarebbe invece?
«La Meloni guida i Conservatori europei: una delle più antiche e prestigiose famiglie della politica internazionale. Oltre ad essere presente in quindici Paesi Ue, il partito attualmente ha la responsabilità del semestre europeo con il premier ceco Petr Fiala. I nostri alleati del PiS esprimono il primo ministro in Polonia. Il recente boom dei Democratici svedesi segnala la forte crescita di tutti i membri del gruppo Ecr. Le proiezioni sulle elezioni italiane sono ottime, così come quelle del 2023 per la Spagna. Dall'altra parte c'è solo il vano tentativo di provare a fermare con gli insulti un trend più che positivo che vede gli europei dare sempre più fiducia alle idee della grande comunità guidata da Giorgia».

Su questo percorso è caduto un macigno: il voto nell'Europarlamento sullo stato di diritto in Ungheria.
«È solo un polverone. Premessa: Viktor Orbán è stato nel Ppe fino a qualche mese fa. Era alleato dei socialisti, dei liberali e dei verdi. In Ungheria, poi, ci sono state libere elezioni: l'Ue ha mandato i suoi osservatori e non è stata trovata alcun tipo di ingerenza. Ciò detto, noi abbiamo votato contro un principio. Ossia che si possa far diventare la risoluzione un "manifesto politico": una modalità con cui una maggioranza prova a dettare le sue condizioni sulla base non dei fatti ma del furore ideologico. Un tentativo che domani potrebbe riguardare tutti quei Paesi nei quali un governo non piace alla sinistra. Lo dico perché nel dibattito sullo stato dell'Unione ho ascoltato le critiche di chi già metteva le mani avanti su ipotetici rischi di fascismo in Italia. La questione è molto semplice: la democrazia non è quando si vota e vince chi ci piace. La democrazia è quando si vota. Non possiamo non difendere questa regola di diritto. Orbán non c'entra niente».

Draghi l'ha buttata sulla convenienza: chi ve lo fa fare a difendere le ragioni dell'Ungheria. Alleatevi con chi è più forte, con Francia e Germania. È il modo giusto di porre la questione?
«È il modo sbagliato. L'Europa che spinge sulla divisione fra Paesi di serie A e B è un'Europa che non va da nessuna parte».

Per il premier Francia e Germania "ci aiutano a proteggere meglio" i nostri interessi. Anche sul gas?
«Perché non si è trovato un accordo sul price cap? Perché non si è proceduto sul disaccoppiamento del costo dell'elettricità da quello del gas? Perché alcuni Paesi - come la Germania - hanno avuto posizioni differenti. Si tratta di Paesi, come anche la Francia, che su molte posizioni hanno sempre difeso, legittimamente, i propri interessi dentro una dinamica europea. Ecco: noi vogliamo un'Italia che abbia una postura europea, seria e credibile, e che abbia la forza di non arretrare nella difesa dell'interesse italiano. Mi sembra esattamente quello che fanno gli altri grandi Paesi».

 

 

 

Capitolo Pnrr. I "falchi" Ue su questo sono pronti ad azzannare il governo di centrodestra. Sempre Draghi non ha mancato di chiudere la porta alla questione della revisione rispetto a cui voi la pensate diversamente.
«Il Pnrr è stato approvato per dare una risposta alla pandemia prima dello scoppio della guerra: è evidente che quest' ultimo è un avvenimento più che sufficiente per ritenere che ci siano le "condizioni oggettive" di cui parlano i regolamenti per rivedere la questione. Aggiungo che il governo portoghese a guida socialista ha già posto l'obiettivo di rimodulare il Pnrr, che in Belgio il governo a guida liberale ha posto la stessa questione e il collegio dei commissari europei ha iniziato a discuterne. Non è possibile che se in Italia questa cosa la propone la Meloni diventa un atto di lesa maestà».

A pochi giorni dal voto è scoppiata pure la polemica - poi rientrata - sui fantomatici finanziamenti russi. Resta il timore di un certo mainstream sulla tenuta in politica estera e sulla questione ucraina del centrodestra.
«Anche qui parlano i fatti. Il centrodestra ha tre forze politiche collegate a tre eurogruppi diversi. Invito tutti a leggere come hanno votato tutti e tre su tutte le risoluzioni di condanna dell'invasione russa: sempre a sostegno dell'Ucraina. Nel Parlamento italiano è avvenuto lo stesso. E per il futuro è tutto scritto nel programma nel quale parliamo con chiarezza di appartenenza all'alleanza atlantica; di sostegno pieno e operativo alla causa ucraina; e di condanna netta della Russia».

Nella sua terra spadroneggia Michele Emiliano. Quello del «sputerete sangue» rivolto a voi e della campagna elettorale "fluida" con appelli al voto tanto al Pd quanto al M5S... «Ho trovato di cattivissimo gusto e molto grave l'affermazione di Emiliano. Se una frase del genere l'avessi detta io o la stessa Giorgia, tutti avrebbero denunciato l'allarme squadrismo. Detto ciò, Emiliano confonde le acque cercando di parlare del Pd e del M5S insieme. Peccato che si stiano scannando fra di loro. E che in Puglia il suo Pd sia preda di un violentissimo scontro interno».

I 5 Stelle difendono il reddito di cittadinanza così com' è: e per questo starebbero recuperando punti al Sud. La vostra ricetta, al contrario, è smontare la logica assistenzialistica alla base...

«Noi lavoriamo per non lasciare indietro nessuno. Se il reddito di cittadinanza va totalmente abrogato ciò non vuol dire che non abbiamo una strategia per andare incontro ai problemi di carattere sociale. Dentro la platea del "reddito" ci sono nuclei familiari con lavoratori invalidi o inabili al lavoro che vanno sostenuti senza discussione. Poi però ci sono i giovani che culturalmente devono essere aiutati a capire che si entra nel mondo del lavoro grazie alla formazione e al sistema delle imprese. Non con la certezza illusoria della paghetta di Stato». 

 

 

 

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