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Pier Ferdinando Casini presidente? Indiscreto: la mossa del centrodestra

Fausto Carioti
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«Stiamo lavorando ad una squadra di livello che non vi deluderà. Non credete alle bugie che circolano». Finita la lettura dei giornali, Giorgia Meloni usa Twitter per smentire le testate che annunciano la presentazione di una squadra di governo di basso profilo, raccogliticcia. La presidente di Fdi è determinata a portare a Sergio Mattarella una lista di nomi inattaccabili, soprattutto nelle caselle più importanti. Per questo ha alzato il livello del pressing su Fabio Panetta, ex direttore generale della Banca d'Italia, vicino a Mario Draghi e membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea. La sua nomina all'Economia sarebbe la migliore garanzia, anche a chi acquista i titoli del Tesoro, che il nuovo governo, almeno per quanto riguarda la tenuta dei conti pubblici, si muove in continuità con quello di Draghi.

«STRESS TEST ITALIA»
Che l'aria sia pesante, lo ha confermato ieri il settimanale tedesco Der Spiegel, dove si legge che la Bce si è già preparata allo «stress test Italia». Questo dopo che la sua presidente, la francese Christine Lagarde, ha fatto sapere che lo «scudo anti-spread», ossia l'acquisto dei titoli del debito degli Stati messi sotto tiro dalla speculazione, non potrà essere usato per proteggere i governi che commettono «errori di politica economica». L'esecutivo che dovrebbe nascere tra un mese, insomma, è già sotto stretta sorveglianza. Motivo per cui pure Mattarella benedirebbe l'arrivo di una figura come quella di Panetta. Il diretto interessato però resiste, vuole restare alla Bce per giocarsi, tra un anno, la partita per succedere ad Ignazio Visco alla guida della Banca d'Italia, dove ha alte probabilità di spuntarla.

La potente tecnostruttura di via Venti Settembre, intanto, pare sia riuscita ad affossare l'ipotesi di "spacchettare" il ministero dell'Economia per ripristinare la vecchia divisione tra Tesoro e Finanze. Idea che dentro Fdi è stata avanzata per affidare le Finanze a Maurizio Leo, responsabile economico del partito. Il problema, spiegano i tecnici del Tesoro, non è il nome di Leo, ma il fatto che una simile separazione complicherebbe il funzionamento di una macchina che deve correre veloce. È probabile che a pensarla così sia anche il futuro ministro. Che se non sarà Panetta, nelle intenzioni di Meloni dovrà comunque essere un tecnico di alto livello, come Domenico Siniscalco, che ha già ricoperto quel ruolo nei governi Berlusconi ed oggi è vicepresidente della banca d'affari Morgan Stanley. Il ministro in carica, Daniele Franco, si è chiamato invece fuori dalla corsa.

Quanto agli altri dicasteri di primissima fascia, nel partito di Giorgia Meloni danno per probabile il ritorno dell'ambasciatore Giulio Terzi di Sant'Agata, eletto senatore nelle liste di Fdi, agli Esteri, dove già era stato ai tempi di Mario Monti. In corsa per la Farnesina è anche Elisabetta Belloni, direttrice del dipartimento che coordina i servizi segreti. Per la Difesa, cruciale per i rapporti con gli Stati Uniti, i nomi sono quelli di Ignazio La Russa (sarebbe un ritorno), Adolfo Urso, anche lui senatore di Fdi ed attuale presidente del Copasir, e dell'azzurro Antonio Tajani.

TRA GOVERNO E CAMERE
Il numero due di Forza Italia, vista l'esperienza maturata negli organismi europei, è ritenuto "spendibile" pure al ministero dell'Interno, dove difficilmente andrà Matteo Salvini. Il capo della Lega è pronto ad accettare un altro ministero di peso, che potrebbe essere l'Agricoltura o lo Sviluppo economico, in capo al quale dovrebbe andare la delega per l'energia, oggi affidata all'Ambiente. Per il Viminale l'alternativa è tra un "civil servant" apprezzato nel centrodestra, identikit che risponde ai nomi dei prefetti Matteo Piantedosi e Giuseppe Pecoraro, o un politico come il leghista Nicola Molteni, attuale sottosegretario. Il ruolo di guardasigilli resta conteso da Carlo Nordio, eletto con Fdi, e la leghista Giulia Bongiorno. Le cose saranno più chiare il 13 ottobre. Candidati naturali alla presidenza delle Camere sono infatti alcuni dei "big" in corsa per un posto da ministro: è il caso di La Russa e Tajani. Difficile, ma non impossibile, che la maggioranza decida di concedere all'opposizione la guida di un ramo del parlamento. Per questo ieri è tornato a girare il nome di Pier Ferdinando Casini, tornato in Senato col Pd. A gennaio fu vicino ad essere eletto presidente della repubblica, potrebbe diventare seconda carica dello Stato. Un'ipotesi tutta da costruire.

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