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Sondaggio, Meloni cresce ancora: in soli 10 giorni dalle elezioni...

Pietro Senaldi
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Se alla Meloni riuscisse di governare anche solo un paio d'anni, ci saremmo liberati per sempre dei tormentoni sull'antifascismo e un sacco di imbratta-pagine e politici che sul pericolo nero hanno costruito la loro carriera sarebbero costretti a trovarsi un nuovo lavoro. È quanto suggerisce il sondaggio Swg diffuso ieri, il quale certifica come in soli dieci giorni, da che Fdi è risultato il primo partito in Italia, la paura di vedere la destra al governo si sia più che dimezzata, crollando dal 30% del 25 settembre al 13 attuale. In compenso, è aumentato il numero di coloro che sono curiosi di vedere Giorgia all'opera, saliti dal 18 al 25%. Poi ci sono i rosiconi, quelli ai quali la vittoria del centrodestra ha fatto salire ancor di più il sangue al cervello. Sono infatti saliti dal 17 al 24% quanti si dichiarano amareggiati all'idea che la ex ragazza del Fronte della Gioventù sia sulla soglia di Palazzo Chigi. Ci sta, il dissenso fa parte della democrazia, finché si esprime in maniera urbana.

 

 


I DEM ABBASSANO IL TIRO
La notizia però è il sentimento positivo che si sta diffondendo intorno alla leader del centrodestra. Un po' il fenomeno è dovuto al fatto che la sinistra, nella speranza di influenzarne l'azione e ottenere un governo il meno politico e il più infarcito di tecnici possibile, da dieci giorni ha abbassato il tiro contro la presidente di Fdi. Il ruolo di randellatori a prescindere è stato lasciato a figure di secondo piano, quasi macchiettistiche ormai, come Scurati, Santoro, Rula Jebreal, Saviano, Lucarelli, Marzano, Berizzi. Si tratta di personaggi che hanno fatto dell'antifascismo una professione. Molti di loro peraltro si scagliano contro il pericolo nero perché sanno che la violenza squadrista alberga nel loro animo, che non gli consente di tollerare quanti la pensano diversamente. Non c'è da illudersi però: casomai la Meloni dovesse deludere le aspettative del circolino di intellettuali che per ora ha messo le armi nel cassetto, i tiratori scelti tornerebbero a imbracciare il fucile. Per ora si limitano a sparare a salve, suggerendo alla premier in pectore di non fare l'errore di distaccarsi troppo dal solco di Draghi e di varare provvedimenti di bandiera una volta insediatasi.

 

 


Un'altra ragione del calo della paura della donna nera è il fatto che la sconfitta del Pd, che sull'antifascismo aveva incentrato ottusamente tutta la campagna elettorale, malgrado fin da agosto fosse evidente che l'argomento non pagava, ha diffuso nel Paese un'energia liberatoria. Dopo undici annidi governo di una sinistra non eletta, a parte la breve parentesi giallo-verde, la Meloni beneficia del desiderio della maggioranza dei cittadini di novità e di voltare pagina rispetto a una gestione politica che ha portato l'Italia sull'orlo del baratro. Nel contempo, è caduta la cappa intellettuale rossa, quella che per lustri ha scavato come una goccia nel cervello degli italiani, fino a farli sentire colpevoli se la pensavano diversamente. Insomma, nessuno ha mai pensato che la vittoria di Giorgia potesse far precipitare l'Italia in una deriva fascista. La novità è che ora finalmente lo si può dire senza passare per fascisti.

Ma la ragione principale della correzione dell'orientamento dell'opinione pubblica, perla quale la vittoria della destra non ha acuito le divisioni del Paese, ma anzi lo ha reso minimamente più unito, come da auspicio espresso dalla Meloni la sera della vittoria elettorale, quando ha dichiarato che «questa è l'ora della responsabilità», sta nell'azione e nei comportamenti che la leader del centrodestra ha avuto nella scorsa legislatura e ha confermato nei primi dieci giorni della presente. Un'azione che ha spinto il 40% di chi l'ha votata a sceglierla per la coerenza, il 31 perché ha fatto proposte valide, il 22 perché guida il solo partito che non è mai andato al governo e il 30 per pura stima personale. Decisivo nell'aumentarne l'autorevolezza è stato anche il fatto che, favorita dallo squagliamento del Pd, che ha dato l'impressione di non essere in grado al momento neppure di fare opposizione, e quindi figurarsi di governare, Giorgia ha ricevuto attestati generali di stima.


PIÙ DELLE PAROLE...
Contano i gesti e i comportamenti più delle parole. Il premier Draghi si è dimostrato collaborativo nel favorire il passaggio di mano dei dossier. Il presidente Mattarella non ha scimmiottato i suoi predecessori, che immediatamente tendevano a mettere in difficoltà il vincitore delle elezioni, se non era loro gradito, e attende pazientemente che il pallino gli sia consegnato nelle mani. La comunità internazionale ha disperso in un attimo i timori sparsi dalla sinistra di un'Italia ai margini dell'Occidente in caso di vittoria del centrodestra. Ultimo atto in ordine di tempo, l'invito ufficiale del presidente ucraino Zelensky a Kiev, con tanto di ringraziamenti ufficiali alla leader di Fdi. Resta solo la Ue della von der Leyen e dei socialisti a sparare contro la leader dei conservatori europei. Ma questa posizione non ha nulla a che fare con il timore di un'ondata nera. È un arrocco politico. A Bruxelles governa ormai da tempo un'unione di debolezze, l'asse Ppe-Pse che ha preso il nome di maggioranza Ursula e teme la sfida democratica che gli stanno portando i partiti conservatori e sovranisti, i quali puntano alla maggioranza all'Europarlamento e a staccare il Ppe dall'orbita della sinistra. 

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