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Salvini nel mirino per minare il governo: Sallusti, il piano di Repubblica

Alessandro Sallusti
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"Salvini sotto assedio" titolava a tutta prima pagina La Repubblica di ieri. Sarà, poche ore prima lo avevo casualmente incontrato a Roma mentre girava a piede libero e privo di elmetto nei dintorni del Senato. «La vuoi una notizia in esclusiva?», mi ha detto davanti a una tazzina di caffè. Io di rimando: «Ha la lista completa e definitiva dei nuovi ministri?». E lui: «Di più, la notizia è che il nostro governo durerà cinque anni, ci puoi scommettere che per quanto dicano e tramino non riusciranno a farci litigare». Mi è parso convinto e sincero, per quanto sincero può essere un politico. Ma soprattutto, per quello che ne so, a me questa cosa dell'assedio proprio non torna.

 

 

Nella migliore delle ipotesi, cioè al massimo, dalle parti della Lega c'è un po' di baccano come era prevedibile da mesi, cioè da quando fu chiaro nei sondaggi il sorpasso da parte di Giorgia Meloni. In altre parole è molto probabile che questo baccano sia amplificato ad arte dai giornali, fino a farlo sembrare un frastuono, perché si pensa che mettendo in difficoltà Salvini si possa minare la stabilità della coalizione e quindi del governo entrante. Una classica operazione di sabotaggio probabilmente alimentata in incognito anche da qualche leghista rimasto a bocca asciutta o che ha dovuto rivedere a torto o ragione le sue ambizioni di carriera come succede nelle migliori famiglie. Che la Lega non sia in un momento di spolvero è un fatto, lo stesso Salvini non ne fa mistero.

 

 

Ma è un fatto anche che a fronte di un risultato percentuale non certo esaltante nelle urne ha corrisposto un numero di parlamentari eletti da non crederci: 65 deputati e 29 senatori, più o meno come quelli del Pd e ben più di quelli del Movimento Cinque Stelle. Come ciò sia stato possibile per me è un mistero, Salvini sarà anche "assediato", come dice La Repubblica, ma la sua forza politica appare tale da non prefigurare alcuna resa, soprattutto perché parliamo di onorevoli soldati scelti a uno a uno dal comandante in capo e quindi si presume a lui leali e fedeli almeno per un importante lasso di tempo. Di questo, mi risulta, ne sono ben consci - checché se ne dica e scriva - sia gli alleati che i vari arbitri della partita. Poi ognuno la può pensare come crede, ma chi immagina una Lega spaventata e a cuccia scambia una sua speranza per la realtà.

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