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Silvio Berlusconi, Sallusti: finisce l'esilio della vergogna

Alessandro Sallusti
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Nove anni dopo essere stato cacciato con infamia oggi Silvio Berlusconi torna in Senato, ci entra dal portone principale come aveva giurato a se stesso che sarebbe accaduto. A cacciarlo, quel 27 novembre 2013,fu una manovra congiunta tra dei magistrati - che poco prima lo avevano condannato in via definitiva per un reato che non avrebbe potuto commettere - e la sinistra che brigò per applicare su di lui in modo retroattivo una norma della legge Severino sulla decadenza dei politici colpiti da sentenze.

Ho vissuto quei giorni a stretto contatto con lui, in quanto all’epoca direttore de Il Giornale, e furono giorni angoscianti per il senso di impotenza di fronte al compiersi di una palese ingiustizia, per l’esposizione del corpo del vinto alla gogna pubblica che la sinistra e i suoi media fecero senza ritegno alcuno. E dire che parlavamo di un tre volte presidente del Consiglio, unico leader al mondo ad aver presieduto tre vertici internazionali G7 oltre che già presidente del Consiglio europeo. Niente, quel complotto andava portato a termine a qualsiasi costo perché si pensava che con Berlusconi esiliato la sinistra avrebbe avuto vita facile ad impossessarsi del paese.

Come noto la storia non è andata esattamente così, Berlusconi ha resistito umanamente, psicologicamente e politicamente e ciò è stato fondamentale per stoppare il blitz e per permettere prima a Matteo Salvini e poi a Giorgia Meloni di fare ciò che hanno fatto. Rispetto a quei giorni oggi sembra un ’altra epoca e Berlusconi, a differenza della quasi totalità dei suoi aguzzini di allora, torna redivivo e vincitore sul luogo del delitto. Sono felice per lui ma di quella ferita inferta a tradimento restano cicatrici indelebili, non sul corpo suo che è uomo che sa perdonare con una certa generosità, ma su quello della sinistra, della magistratura, del Senato e perché no della Presidenza della Repubblica, regnante Giorgio Napolitano, che assistette silente e compiaciuto allo sfregio.

Si dice che il tempo sia galantuomo, oggi ne abbiamo dimostrazione. Già, ma chissà se in quel Palazzo ci sarà, oltre al tempo, un galantuomo in carne e ossa che avrà il coraggio di avvicinare il collega senatore Silvio Berlusconi per dirgli, possibilmente non sottovoce: presidente ci scusi, sia il bentornato.

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