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La Russa, writer che sbagliano, ma per una buona causa: doppia morale

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Iuri Maria Prado
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 Nel Paese che da settant' anni distribuisce cattedre, stipendi, direzioni di giornali e di tiggì, e premi, e coccarde, e consulenze, e posti fissi e diritti acquisiti per meriti da 25 Aprile (anzi 26, che era più sicuro), e simultaneamente va a caccia di fascismo rimontante nella strategia della tensione della testa rapata, o quella organizzata nella trattoria in cui si canta Faccetta Nera e nelle soffitte col busto del Duce, in un tale Paese, che purtroppo è il nostro, è del tutto normale che passi tranquillo, in modo quasi routinario, il caso di ieri: una bella minaccia con simbolo simil-brigatista ben pittato sull'ingresso di una sede di Fratelli d'Italia. E il problema, come al solito, non è l'atto di sopruso vandalico in sé, né il supplemento di apologia criminale che lo caratterizza, né ancora la grave violenza che ne firma il contenuto intimidatorio: il problema è il clima di sostanziale noncuranza in cui quel gesto matura, a paragone di quel che succede immediatamente e con strepito quando le persone, l'immagine e le proprietà di chi subisce aggressione appartengono alla cerchia protetta dell'antifascismo con sigillo Bella Ciao.

 

 


Quel clima di noncuranza non si produce per caso, ma in forza del malcostume politico e civile per cui se dici che bisogna cambiare una virgola della Costituzione fondata sulla Resistenza sei un pericoloso eversore, mentre se devasti un banchetto politico dell'avversario di destra o se, appunto, gli annunci il ritorno nelle fogne sventolando il simbolo che ammicca al terrorismo comunista, magari non sei proprio beneducatissimo ma insomma c'è da difendere la democrazia in pericolo e qualche intemperanza si può anche capire.
Ed è sempre quel clima a giocare il suo ruolo bastardo, quando si ingrassa dell'ipocrisia di quelli che lo denunciano avendo abbondantemente contribuito a determinarlo: perché puoi criticare anche ferocemente, e fino a denigrarlo, un rappresentante istituzionale democraticamente eletto, ma a patto che tu sia intransigente nel condannare chi lo fa destinatario di gesti e parole che non possono assolversi giusto perché a riceverli è chi ti sta sul gozzo.

 


L'indignazione sperequata, infatti, l'allarme democratico per la desinenza patriarcale e le spallucce per la frase sulla donna di destra con la schiena lardosa, sono l'esempio ordinario e leggero di un pregiudizio che informa ugualmente i fenomeni più gravi: vale a dire il pregiudizio per cui giudichi la sopraffazione e la violenza non in base all'azione di chi le commette, ma in base al profilo di chi le subisce. Che poi questo andazzo prosegua e si impenni, non casualmente, ogni qual volta la vicenda democratica italiana smetta di essere democratica solo perché non è presidiata dalla parte che la garantisce per forza, cioè il centrosinistra, e solo perché visi affaccia la parte che la mette in pericolo per forza, cioè il centrodestra, dimostra molto semplicemente che una parte non irrilevante del Paese ha un rapporto fondamentalmente disturbato con l'ordinamento rappresentativo. E dimostra che in buona sostanza l'Italia è una Repubblica democratica in cui la sovranità appartiene al popolo che vota a sinistra. E se poi da lì gemma qualche escrescenza a cinque punte, vabbè, è un writer che sbaglia, ed è comunque per una buona causa. 

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