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Valentino Valentini smaschera la sinistra: "Meloni come Berlusconi"

Pietro Senaldi
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«Il dato saliente è che questo governo è partito subito e con le idee chiare».

Che speranza di durata ha e quali sono i pericoli maggiori per la sua tenuta?
«A ogni governo che parte si augura la massima durata. Così come è composto, ha tutti i requisiti per potere lavorare per il Paese. La tenuta dipende dalla coesione che la Meloni riuscirà a creare con la sua compagine governativa e dalla rapida ricomposizione delle inevitabili fratture all'interno dei partiti che lo sostengono, provocate da aspirazioni frustrate che sono anch' esse effetti collaterali del processo di formazione ma che poi tendono a ricomporsi».

Il governo parte perché non c'è una maggioranza alternativa e né la sinistra né Mattarella vogliono elezioni anticipate?
«Il governo parte perché c'è una maggioranza chiara e inequivocabile e perché elezioni anticipate potrebbero solo rafforzare la maggioranza».

Una donna premier: un'eccezione, una conquista tardiva, il segno che l'Italia è cambiata?
«Posso rispondere con un'unica battuta: era ora! L'Italia cambia più in fretta del Palazzo. Quello che è certo pero è che una donna premier potrà soltanto accelerare il cambiamento in atto nel Paese» .

La convincono le mosse della Meloni finora?
«Per ora convince il modus operandi: si prende il tempo di approfondire e riflettere in maniera riservata per poi agire con piglio deciso. Quindi le premesse ci sono tutte».


Per cinque legislature, le ultime quattro da parlamentare, Valentino Valentini è stato uno dei più stretti collaboratori di Silvio Berlusconi, che nel 2001 lo assunse a prima vista come capo dell'Ufficio del presidente del Consiglio e consigliere per le relazioni esterne. Fu Antonio Tajani a presentarlo al Cavaliere, anche se lui aveva già incrociato la strada del leader azzurro molto prima che Forza Italia nascesse, quando nel 1985 sbarcò a Publitalia, venticinquenne, dopo un master in Business e Administration, come borsista, prima di essere assunto a Bruxelles come funzionario dell'Unione Europea. «Al secondo colloquio», ricorda Valentini, «Berlusconi mi chiese se fossi fidanzato. Io risposi di sì, mi disse: lo sa la tua fidanzata che ti sposi con me?». Poliglotta, parla correntemente inglese, francese, russo, olandese, spagnolo e tedesco, Valentini è stato candidato in un collegio impossibile, Bologna, ma non serba rancore. «In tutti questi anni credo di essere stato sempre leale, franco nel consigliare, ma rispettoso delle decisioni che venivano adottate, anche quando non mi trovavano d'accordo», taglia corto.

Silvio pensa davvero quelle cose di Putin?
«La mia interpretazione è che Berlusconi, self made man, simbolo del sistema di valori liberali all'americana e uomo di pace, non accetta ciò che sta avvenendo. Conserva ancora vividi i ricordi della seconda guerra mondiale. Una volta, uscito dall'ospedale, andammo a visitare la casa dove fu sfollato durante la seconda guerra mondiale e la stazione dove andava ad attendere il ritorno del padre. Per lui quindi Pratica di Mare rappresenta la fine della guerra fredda, il punto più alto della sua carriera in politica estera e non si capacita di come Putin possa avere riportato le lancette della storia indietro di trent' anni».

Lei dice così perché gli vuole bene, ma erano frasi opportune?
«Nel riportare tesi negazioniste che gli vengono presentate da altri Berlusconi è come se volesse in qualche modo trovare un modo di intervenire e fungere da paciere come in passato, e ripristinare il suo lascito alla pace mondiale di cui andava così fiero. Esistono dubbi sul nostro atlantismo in Usa? La linea politica di Forza Italia, espressa negli atti parlamentari e nelle votazioni al Parlamento Italiano e nelle risoluzioni del Parlamento Europeo è convintamente di condanna dell'aggressione e di sostegno all'Ucraina. Non mi stanco di ribadirlo: l'amicizia non è una categoria della politica e ancor meno della politica estera che consiste nella difesa degli interessi - che non mutano - del nostro Paese ed il rispetto degli impegni presi all'interno della rete di alleanze che ne tutelano la sicurezza ed il benessere prime tra tutte l'Unione Europea e l'Alleanza Atlantica. Antonio Tajani, ministro degli Esteri di Forza Italia, ne è garanzia, due volte Commissario e presidente del Parlamento europeo ha una carriera che parla per lui».

Chi può aver diffuso l'audio incriminato e a che scopo?
«Qualche scellerato che non si rende conto del danno politico che ha arrecato al Paese, un piromane politico che appicca incendi per qualche piccolo tornaconto personale».

La sinistra sostiene che il governo di destra inquieta l'Europa e gli Usa: è davvero così?
«La prevalenza della sinistra liberal negli organi di informazione internazionali è un fatto assodato, salvo poi non capire come sia possibile se nelle elezioni prevalgono candidati che aveva demonizzato. Certo la Meloni dovrà scalare un muro di pregiudizio, e questo mi ricorda molto lo sforzo che dovette compiere il secondo governo Berlusconi. La campagna elettorale del Pd, in patria come all'estero è stata tutta imperniata, e perciò persa, sull'inadeguatezza della Meloni a governare evocando i fantasmi del passato, con una narrazione che descrive la caduta di Draghi come opera del Cremlino, si tratta di una guerra ibrida contro il centrodestra. Con che altro termine si può definire la lotta a fantomatiche ingerenze per coprire l'esaurimento della forza di convincimento del progetto politico?».

La sinistra europea attacca l'Italia perché teme che la Meloni spacchi il Ppe, togliendolo dall'abbraccio con il Pse o per fare un favore al Pd, insufflata da Letta?
«Credo entrambe le cose, anche se in questo momento prevale il secondo fattore».


Anche Berlusconi era accusato di essere il nuovo Mussolini...
«Quando non si riesce a convincere con i fatti si cerca di convincere con i fantasmi, e a destra c'è sempre l'uomo forte e a sinistra il leader carismatico».

Da esperto di Russia: che piega sta prendendo la guerra?
«Difficile fare previsioni, Putin sta cercando di mandarla su un binario lungo, cercando di arrestare l'avanzata Ucraina minacciando di far saltare dighe e di convogliare quanto prima rinforzi e truppe fresche in attesa che giunga novembre e si impantani tutto e che poi l'inverno ponga fine ai combattimenti e congeli le operazioni militari, la popolazione ucraina e le popolazioni nei Paesi dell'alleanza atlantica provocando una reazione di rigetto presso le opinioni pubbliche di fronte a possibili restrizioni energetiche e al loro impatto sulle economie».

C'è un rischio di guerra nucleare, o è comunque pericoloso anche solo aver sdoganato una soluzione che pareva impraticabile tanto era considerata terribile?
«Esattamente questo, non ritengo concepibile l'impiego di una arma nucleare tattica nel teatro delle operazioni per influenzarne l'andamento o per imporne la conclusione, né un impiego dimostrativo fuori dal teatro a scopi intimidatori, perché in ciascuno di questi due casi si avvierebbe una escalation inesorabile verso quello che Biden ha definito l'armageddon nucleare. I contatti tra i ministri della Difesa e tra il Pentagono e i vertici militari russi servono proprio a scongiurare questa evenienza. Ma il danno è già stato fatto, abbiamo sdoganato l'utilizzo della minaccia nucleare che prima era un taboo inviolabile, rendendo probabile una corsa all'arma nucleare da brandire come minaccia o evocare come legittima difesa in scenari regionali molto piu instabili».

Quali sono le prime cose che dovrebbe fare il nuovo governo per mettere in sicurezza il Paese?
«Dal punto di vista militare la Nato è la nostra garanzia. È al suo interno che dovremmo rafforzarci, anche in relazione a minacce non convenzionali. Sul piano politico invece, dovremmo rafforzare la Ue per renderla più credibile ed efficace». E invece per quanto riguarda le bollette? Bisogna continuare la strada della diversificazione geografica delle fonti di approvvigionamento energetico, imprimere una spinta decisa all'uso delle rinnovabili, adeguare la rete elettrica nazionale. A questo si aggiunge il risparmio energetico per consentire di colmare il divario tra consumi e forniture che potremmo trovarci a fronteggiare attraverso una radiografia delle attività al fine di una loro razionalizzazione. Ex malo bono: risparmio, efficienza e minor impatto sull'ambiente la base stessa della transizione energetica. Ma soprattutto approfittare delle sanzioni per renderci indipendenti sul piano energetico. Ora l'equazione è complicata dalla scarsa disponibilità a breve di gas liquido sul piano mondiale mentre, per quanto riguarda il petrolio, il rischio di recessione economica scoraggia gli investimenti e frena l'incremento della produzione dovuto anche allo scollamento tra Usa e Arabia Saudita il cui connubio aveva garantito la stabilita delle forniture nel dopoguerra». 

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