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Governo Meloni, viceministri si chiude in settimana

Enrico Paoli
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Prima si fa, meglio è per tutti. In modo da ridurre al minimo i tempi delle trattative, tanto estenuanti quanto dannose per l'attività del governo. Perché se c'è una cosa a cui la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è particolarmente allergica, provandone un vero fastidio, è la vecchia liturgia della politica, fatta di scambi e inciuci. Dunque il risiko dei sottosegretari, a cui partiti della maggioranza sembrano guardare come atto riparatore per i presunti (o reali) torti subiti durante la formazione del governo, potrebbe chiudersi in fretta.


Forse già in settimana. Regole del gioco alla mano i componenti dell'esecutivo sono 65 al massimo, come prevede la legge, compresi i ministri senza portafoglio, viceministri e sottosegretari di Stato. Tolti i 24 dicasteri già assegnati e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, per la quale il predestinato è Giovanbattista Fazzolari, senatore di FdI e uomo di fiducia della premier, le caselle da riempire sarebbero una quarantina. Dai calcoli di chi si sta occupando del risiko dei sottosegretari, al partito che ha vinto le elezioni spetta il doppio dei posti rispetto alla somma di Lega e Forza Italia.

 

Da via della Scrofa, sede di FdI, sottolineano con forza un particolare: prima vediamo cosa fanno Lega e Fi, poi ci muoviamo noi. Tattica, ma anche tecnica politica, per evitare tensioni e fibrillazioni, dovendo calcolare anche le presidenze delle Commissioni parlamentari. Riserbo a parte, fra i nomi certi di FdI c'è quello del deputato, Maurizio Leo, indicato per il dicastero di via XX Settembre, con una delega pesante, quella alle Finanze. Un altro nome sottolineato con l'evidenziatore quello del ligure Gianni Berrino, in corsa per lavorare al ministero del Turismo, con Daniela Santanchè.


Paola Frassinetti, altra meloniana, punta all'Istruzione e al Merito, ma il ministero dove si è insediato il leghista milanese e docente di Diritto romano, Giuseppe Valditara, piace anche a Forza Italia. Edmondo Cirielli, ex questore della Camera, sarebbe in pole position per il ruolo di vice ministro, Esteri o Difesa le opzioni.
Quanto a Giovanni Donzelli, uomo di punta dei meloniani, che in molti vedono nell'esecutivo, il futuro dovrebbe essere a via sella Scrofa, dove guiderà il partito.
Dal fronte di Forza Italia, con Silvio Berlusconi particolarmente deluso per i ministeri ottenuti, arrivano segnali forti.
La prima richiesta degli azzurri riguarda la Giustizia, con l'obiettivo dichiarato di far assegnare a Francesco Paolo Sisto un posto in Via Arenula, come vice di Carlo Nordio. A seguire l'ex capogruppo, Paolo Barelli, come numero due del ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi. Il resto della lista azzurra prevede Valentino Valentini, che ha difeso Berlusconi in tv dopo le esternazioni sulla ritrovata amicizia con Putin, e la conferma di Francesco Battistoni all'Agricoltura.
A completare il pacchetto azzurro Matilde Siracusano, Gregorio Fontana, Deborah Bergamini e Gaetano Miccichè. Su quest' ultimo, però, peserebbe il no perentorio della Meloni.
Lateralmente alla partita principale giocata dagli azzurri, fra fedeli alla linea e dubbiosi, ce ne sarebbe un'altra messa in atto da Gianni Letta.
L'uomo delle grandi trattative, il risolutore dei problemi complicati, avrebbe chiesto alla Meloni di valutare le opzioni Annagrazia Calabria e Sestino Giacomoni, rimasti a piedi dopo le elezioni del 25 settembre. Partita, quella giocata da Gianni Letta, dall'esito tutt' altro che scontato. La premier, così come ha fatto per i ministri, vuole nomi solidi e non «traballanti». Per quanto riguarda la Lega, molto accorta nel giocare questa partita, la priorità sembra essere l'indicazione di Edoardo Rixi come vice ministro o sottosegretario. Il fedelissimo di Matteo Salvini ha già svolto entrambi gli incarichi nel primo e nel secondo governo Conte. Quanto a Nicola Molteni molto difficilmente resterà al Viminale, non avendo portato a casa i «risultati sperati», mentre Alessandro Morelli, potrebbe essere dirottato verso Cultura o Istruzione. Il partito di Salvini punta anche sui coordinatori regionali. Ad esempio il veneto Alberto Stefani, quello siciliano Nino Minardo e quello del Molise Michele Marone, per questioni geogrfiche. Infine i Moderati. Maurizio Lupi, rimasto fuori dal giro dei ministri, punta ad un incarico di peso, in modo da compensare la mancata nomina. 

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