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Eugenia Roccella: "Così la sinistra tradisce i diritti delle donne"

Fausto Carioti
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Le buone maniere, innanzitutto: come dobbiamo chiamare Eugenia Roccella, cui Giorgia Meloni ha affidato il ministero per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità? «Io preferisco ministra, termine che troviamo anche in Dante», risponde la diretta interessata. «Trovo abbastanza assurdo, però, che, come è accaduto nell'aula del Senato, si accusi la Meloni, la prima donna premier, di essere subalterna agli uomini perché ha scelto di farsi chiamare "il presidente". Tra l'altro, la critica è partita da chi difende la possibilità di farsi chiamare al maschile mantenendo un corpo di donna e viceversa: sono le meravigliose contraddizioni della sinistra». Repubblica la chiama «la ministra del passato».

Per il Corriere della Sera «il timore è che la neo ministra voglia mettere mano alle norme» che difendono la comunità Lgbt dalle discriminazioni. Le femministe del collettivo "Non una di meno" la appendono su Instagram a testa in giù. E tutte queste contestazioni provengono da donne. Si aspettava che la accogliessero così?
«In parte sì, ma devo dire che mi ha stupito la violenza e la strumentalità delle accuse, fino alla menzogna più evidente. Mi è stato imputato persino di voler far nascere solo figli bianchi, cioè di essere razzista. Sorvolo sul fatto che chi appartiene a "Non una di meno" e poi ne vorrebbe almeno tre di meno (a testa in giù ci siamo io, Giorgia Meloni e Maria Rachele Ruiu) ha, diciamo così, un'idea discutibile della solidarietà femminile».

Come si spiega un simile benvenuto?
«Credo che i motivi di tanta aggressività mediatica e politica siano due. Da una parte una buona dose di vigliaccheria (colpire una donna è quasi sempre meno pericoloso che attaccare un uomo). Dall'altra il mio passato, il fatto che non corrispondo al comodo stereotipo a cui la sinistra vorrebbe inchiodare la destra, e in particolare i cattolici. Devi essere per forza omofobo, bigotto, reazionario, e se non lo sei cercano comunque di dipingerti così».

Tra l'autrice di Harry Potter, Joanne Rowling, convinta che il sesso sia determinato dalla biologia, e le femministe che la accusano di essere una «terf», cioè una «femminista radicale che esclude i trans», e dunque «transfobica», lei da che parte sta?
«Non c'è dubbio, sto con la Rowling. E l'attacco durissimo che una donna famosa come lei ha subìto fa capire la potenza di fuoco di chi, a livello internazionale, sostiene la fluidità di genere. Le donne, in tutto il mondo, sono oppresse perché hanno un corpo sessuato, in grado di dare la vita, un corpo "pericoloso", che va mantenuto sotto controllo. Basta vedere quello che sta accadendo in Iran, e chi oggi si taglia una ciocca di capelli per solidarietà simbolica con le coraggiosissime donne iraniane che sfidano il potere islamista dovrebbe capirlo».

Scegliendo lei come ministro, Giorgia Meloni sembra voler fare anche una battaglia culturale per l'affermazione di un «femminismo di destra». È un'espressione che condivide?
«Il femminismo è tendenzialmente trasversale, perché le donne non sono una classe sociale né una categoria e nemmeno una minoranza da tutelare: sono semplicemente metà dell'umanità. La sinistra però ha ritenuto di averne il monopolio, soprattutto dopo battaglie come quella sull'aborto, e non vuole perderlo. Anche se in realtà l'ha già perso, perché oggi privilegia le richieste delle associazioni Lgbt anche quando sono in netto contrasto con l'interesse delle donne».

Si riferisce al ddl Zan?
«Anche, certo. Il ddl Zan introduce il "genere percepito", come se essere donna fosse una opzione a disposizione di chiunque, a prescindere dal corpo sessuato. Questa impostazione è molto ideologica e non c'entra affatto con la questione della transizione sessuale, con i problemi, veri e gravi, di chi si sente a disagio nel corpo in cui è nato. Ma mi riferisco pure all'ambiguità della sinistra sul mercato del corpo, la compravendita degli ovociti e l'utero in affitto, su cui pochissimi, come Stefano Fassina, hanno preso una posizione nettamente contraria».

Il femminismo di destra esiste, quindi?
«Certo, anche se a volte fatica a dichiararsi tale, proprio perché il femminismo è stato per troppo tempo schiacciato a sinistra. Ma la destra è piena di donne consapevoli, capaci di protagonismo e di schierarsi a fianco delle donne, e non è certo casuale che la prima italiana che guida un governo sia di destra. Su questo a sinistra forse dovrebbero farsi qualche domanda seria, invece di lanciare accuse insensate».

Lei si occuperà della natalità. Come pensate di fare uscire l'Italia dall'inverno demografico, cioè di convincere le italiane a fare più figli?
«Non voglio affatto convincere le italiane a fare più figli: vorrei solo che fossero libere di farli. Ma libere davvero, cioè non spinte a scegliere tra la carriera e i figli, non costrette a essere "multitasking" per forza, a fare sacrifici e rinunce troppo pesanti. È grave che le famiglie siano fiscalmente penalizzate, che fare più di un figlio aumenti il rischio di povertà, ma credo che le misure di sostegno economico, assolutamente necessarie, non siano sufficienti a incoraggiare la natalità. Inoltre la coperta è corta, oggi le preoccupazioni delle famiglie riguardano in primo luogo l'aumento delle bollette e del costo della vita. Dobbiamo fare uno sforzo di creatività, pensare a misure che creino una rete di sostegno alla genitorialità, che diano valore sociale e riportino al centro la maternità. Abbiamo delle idee, cercheremo di realizzarle velocemente»

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