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Pd, esplode la guerra delle donne: "Basta, figurine"

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Donne e giovani. La scossa al Pd, al suo gruppo dirigente, la rivolta contro chi finora è stato al timone, arriva da loro. Ieri si è riunito il coordinamento nazionale della Conferenza delle democratiche. Cecilia D'Elia, presidente, ha aperto i lavori con una relazione in cui ha accusato direttamente i vertici del partito per il calo della rappresentanza delle donne nel nuovo Parlamento. Spia, ha detto, «della difficoltà del partito a dare rappresentanza al protagonismo delle donne e alla domanda di giustizia di fronte alle disuguaglianze di genere». Questo non significa che si riconosca alla destra dei meriti maggiori. Anzi: «Dove governa la destra mette in discussione diritti e libertà delle donne. Ha vinto una donna di destra, ed è una rottura simbolica per tutte che ci sia la prima donna presidente del Consiglio». Ma «questo fatto sfida il nostro campo». Inutile girarci intorno o fare finta di niente.
 

 

RUOLI
La presenza di una donna di destra diventata premier interroga la sinistra. Il ruolo che le donne hanno in questa metà del campo. «Se il Pd parte per una vera e profonda discussione su se stesso, noi per prime non possiamo non interrogarci sul senso, il ruolo, la forza, l'efficacia del luogo autonomo delle donne. Abbiamo mancato l'obiettivo di eleggere un numero adeguato di donne. Dovremo scegliere come reagire al conflitto anche sul modo di essere del partito». Chiedono, quindi, «un congresso vero, costituente», che vada «di pari passo con la costruzione dell'opposizione. A partire dal patrimonio che abbiamo, dalle cose che siamo riuscite a scrivere nel Pnrr, la legge sulla parità salariale, la faticosa affermazione del congedo di paternità, conquistato con perseveranza ad ogni discussione di bilancio, finalmente diventato strutturale, anche se solo di dieci giorni». Si critica, quindi, il presidente Giorgia Meloni per non aver parlato, nel discorso di insediamento, di «violenza e femminicidi».

 


Poi ci sono i giovani dem. L'altro focolaio di conflitto arriva da loro. Ieri si sono ritrovati a Roma per un'assemblea dal titolo "Coraggio Pd", che ha già riscosso migliaia di adesioni sui social. Un misto di rabbia e voglia di esserci, di essere protagonisti nel congresso. «Bisogna dire le cose come stanno: noi abbiamo una classe dirigente che si ripropone incessantemente e che dopo 10 anni di governo pretende ancora di dettare l'agenda della discussione. Noi abbiamo bisogno del cambiamento della prima fila del nostro partito, non solo del segretario, altrimenti è una farsa questa costituente, questa apertura», ha detto Brando Benifei, capogruppo Pd in Europa, aprendo l'assemblea. Tantissimi i ragazzi e le ragazze arrivate: molti amministratori locali, ma anche semplici militanti. «Se non sarà una fase costituente vera, allora tanto valeva raccogliere le firme per i candidati... Noi con questo nostro impegno di oggi vogliamo dare un messaggio diverso, noi vogliamo prendere sul serio la fase costituente, né troppo lunga né troppo breve, per discutere veramente. Il Pd di cui si parla come futuribile, c'è già: siamo noi e non solo. Ed è forse un partito più rinnovato e anche più battagliero».

 


ERRORI
Sono tutti nativi del Pd. E tutti arrabbiati. Tanto. Con quelli che, da 10 anni, rimangono «indisturbati» alla tolda di comando. «Noi abbiamo visto anni di cedimenti preoccupanti. Ne cito due. Penso agli errori compiuti rispetto al Jobs act, un provvedimento che aveva dei tratti culturali assolutamente da espungere da Pd». E poi «il cedimento grillino all'idea antipolitica che ci ha portato a tagliare il finanziamento ai partiti, le province, i parlamentari, abbiamo fatto di tutto su questo e abbiamo fatto male e lo dobbiamo dire. E queste sono scelte di gigantesca responsabilità di una classe dirigente che ci ha portato dove siamo oggi». Paolo Romano, 26 anni, sbotta: «Ci hanno usato come figurine». Chiedono di costruire «una nuova stagione», di recuperare «credibilità». Chiedono a un gruppo che ha comandato « e perso» di farsi da parte. Resta da capire se saranno ascoltati. O se avranno la forza di imporsi. 

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