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Meloni, i soldi di Soros per fermarla: cosa è successo prima del voto

Fausto Carioti
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«George Soros ha sovvenzionato con un milione e mezzo di euro +Europa», dice Carlo Calenda a Bruno Vespa, che lo scrive nel libro in uscita il 4 novembre. Eppure a colpire non è tanto questo: i rapporti politici ed economici tra il finanziere/speculatore nato a Budapest nel 1930 ed Emma Bonino, leader di +Europa, sono antichi, solidi e risaputi. La notizia è ciò che il fondatore di Azione aggiunge subito dopo: elargendo quei soldi alla storica esponente radicale e al suo partito, Soros ha posto «come condizione imprescindibile che si facesse un listone antifascista». Significa che l'uomo che nel settembre del 1992 ebbe un ruolo decisivo nel far uscire la lira dal Sistema monetario europeo ha foraggiato +Europa a patto che partecipasse alla più ampia coalizione possibile contro il centrodestra guidato da Giorgia Meloni, ossia affinché si alleasse con il Pd e le altre sigle di sinistra e assieme a loro facesse blocco contro i candidati di Fdi, Lega e Forza Italia. Cosa che +Europa, a differenza di Azione, ha fatto, uscendo a pezzi dalle urne del 25 settembre, senza nemmeno riuscire a far eleggere la propria fondatrice. Calenda rievoca così i giorni in cui l'intesa tra i due partitini si ruppe: «Vedo che Della Vedova», socio della Bonino, ex radicale e segretario di +Europa, «è totalmente schierato con il Pd. D'altra parte ne conosco le ragioni, non ultima quella che il finanziere George Soros ha sovvenzionato con un milione e mezzo di euro +Europa ponendo come condizione imprescindibile che si facesse un listone antifascista. Me lo disse ripetutamente Della Vedova prima della rottura».

AFFINITÀ DI IDEE
È una vecchia abitudine di Soros quella di staccare assegni ai radicali, direttamente o tramite il suo Open Society Institute, poi diventato Open Society Foundations, e le altre entità create con i proventi delle sue speculazioni. Alla base di tutto c'è una forte affinità di idee. Già nel 1988, racconta Mauro Suttora, biografo della Bonino e di Marco Pannella, tramite le sue organizzazioni "filantropiche", Soros sponsorizzava la Lia, la Lega internazionale antiproibizionista, anche cofinanziando il primo Convegno internazionale sull'antiproibizionismo, organizzato da Pannella, che si tenne a Bruxelles con esperti da tutto il pianeta. Nessuno Tocchi Caino, associazione radicale contro la pena di morte, fondata nel 1993, fa parte della World coalition against death penalty, finanziata da Soros. Il quale nel 1996 iniziò a sostenere "Non c'è pace senza giustizia" e altre campagne internazionali promosse dalla Bonino.

Col tempo il rapporto tra i due è diventato personale. Nel 2004 l'allora eurodeputata radicale ricevette dalle mani del suo amico ungherese il "Premio perla società aperta", attribuito dall'Open Society Institute. In quello stesso anno Soros prestò alla Lista Bonino i due milioni di euro con cui pagare la campagna elettorale per le Europee. E due anni dopo concesse a Bonino e Pannella un altro prestito, da un milione e mezzo. Ambedue le somme, assicurano i Radicali, sono state restituite per intero. Visti i legami, non stupisce che nel settembre del 2013 la Bonino, all'epoca ministro degli Esteri, sia stata tra gli invitati al terzo matrimonio del miliardario. Naturale anche che Soros abbia preso la tessera del Partito radicale, e che nel 2015 la Bonino sia entrata consiglio d'amministrazione della Open Society Foundations. Mai, però, contributi diretti afondo perduto risultano essere stati dati da Soros al Partito radicale. A differenza di +Europa, che già nel gennaio del 2019, in vista delle Europee, ricevette da lui e da sua moglie, Tamiko Bolton, poco meno di 200mila euro. Regalando un facile spot alla Meloni: «Tenetevi i soldi degli usurai, la nostra forza è il popolo italiano».

I VINCOLI DI LEGGE
E ora il nuovo episodio svelato da Calenda, che ribalta la vulgata: dei finanziamenti che la Russia di Vladimir Putin avrebbe dato ad alcuni esponenti o sigle del centrodestra non c'è traccia, mentre è acclarato l'intervento dell'ungherese alfiere (e finanziatore) delle politiche pro-immigrazione e pro-aborto. Che qualche questione la pone, e non solo per le condizioni poste da Soros che, se confermate, configurerebbero una vera e propria ingerenza nelle vicende della democrazia italiana. La legge, modificata nel 2019, proibisce infatti ai partiti di accettare contributi «da persone giuridiche aventi sede in uno Stato estero», obbliga i tesorieri a rendere pubbliche, entro un mese, le donazioni superiori ai 500 euro e vieta di ricevere assegni superiori ai 100mila. Benedetto Della Vedova, a Vespa, la spiega così. Dice che il suo partito «non ha ricevuto contributi da Soros, che altrimenti sarebbero già stati pubblicati». A ricevere soldi sono stati invece «alcuni candidati di +Europa», i quali «hanno ricevuto un contributo diretto da parte di George Soros per le spese della campagna elettorale». Nessun imbarazzo, assicura, giacché «il filantropo di origini ungheresi da tempo condivide e sostiene i nostri valori europeisti e le nostre battaglie per i diritti umani e lo Stato di diritto. Siamo orgogliosi che alcuni nostri candidati abbiano chiesto e ricevuto il suo sostegno, certamente disinteressato». Aggettivo che stride col racconto fatto da Calenda, secondo il quale, in cambio dei soldi, Soros ha chiesto una contropartita politica.

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