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Francia, filo rosso e rive gauche, quei compagni in fila per la legion d'Onore

Pietro De Leo
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Quel filo rosso che si allaccia a Roma, scorre su su, svalica le Alpi e si riannoda a Parigi. Già, perché, una certa captatio benevolentiae del centrosinistra italiano, inteso come quell'area che unisce il Terzo Polo e il Pd è un dato politico sensibile e visibile. In questi ultimi giorni in cui la crisi migratoria ha inasprito le connessioni tra Roma e Parigi si intravvedono qui e là dichiarazioni, per dir così, francesemente corrette. Il deputato Pd Piero Fassino, vicepresidente della Commissione Difesa della Camera, che la scorsa legislatura guidò la Esteri, osserva: «Litigare con i partner, come la Francia, è il modo più sbagliato, specie quando serviranno alleati per la riforma del Patto di Stabilità». La capogruppo al Senato Simona Malpezzi, parlando con l'Ansa, ragiona: «La Francia non ha sbagliato né inasprito i toni, semplicemente ha fatto capire che se si vuole collaborare tutti, ma proprio tutti, devono rispettare le regole». Poi c'è la leader di +Europa, Emma Bonino, che quantomeno ha messo in chiaro che a Parigi non è che siano poi stinchi di santo: «Non era proprio il momento di avere il problema diplomatico con un alleato come la Francia la quale però non può scagliare la prima pietra, basta per esempio guardare cosa accade a Calais o Ventimiglia».

 

 

 


In fondo il tema è proprio questo: le tensioni con l'Eliseo non sono certo il massimo in questo momento, e però il tratto pressoché comune dell'opposizione è appioppare all'Italia il monopolio della colpa dell'incaglio. L'eurodeputato di Renew Europe, Sandro Gozi, su questo è forse il più esplicito: «La Francia ha fatto di tutto per evitare questa crisi, nessuno a Parigi aveva interesse ad avere tensioni con Roma». Insomma, di là una grande bontà e i cattivoni sono solo di qua. Meloni, Salvini e Piantedosi dietro la lavagna. Bacchettati da quel solerte soccorso rosso-blu che, di volta in volta, soffia sugli ardori di passioni filo francesi vecchie e nuove. Gozi, per dire, fu consigliere dell'ex premier Eduard Philippe ed oggi è impegnatissimo a rafforzare la famiglia politica dei macroniani d'Europa. Ed è insignito della Legion d'onore, prestigiosissima onorificenza francese.

 

 

Così come Piero Fassino, che la ricevette nel 2013. Sono, entrambi, in buona compagnia. Almeno il campo di quanti hanno avuto questo riconoscimento, a sinistra, è largo, sia nello spazio che nel tempo. E comprende nomi come la stessa Emma Bonino, Romano Prodi, Massimo D'Alema, Giuliano Pisapia, Dario Franceschini. Senza dimenticare Enrico Letta, che in Francia addirittura lavorava, docente nella prestigiosa Science Po, prima del suo ritorno alla guida del Pd. E poi c'è anche chi magari la legione non ce l'ha, ma alla Francia vuol comunque bene assai. È il caso, per esempio, dell'attuale vice presidente della Commissione Europea Paolo Gentiloni, co-autore di quel trattato di Caen che per fortuna non è mai stato ratificato ma che aveva fatto sollevare l'allarme politico circa la deprivazione ai danni dell'Italia di porzioni di mare molto pescose. D'altronde, avranno tutti preso alla lettera Victor Hugo: «Salvare Parigi è più che salvare la Francia, è salvare il mondo». Solo che, lui, era francese. 

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