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Pd, Schlein o Bonaccini? Poco cambia: tornano i comunisti

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Arrivano i mostri. Anzi, tornano. Nel Pd è tutto già scritto: sia che vinca Stefano Bonaccini, favorito nei sondaggi, sia che la spunti a sorpresa Elly Schlein, sua vice alla presidenza della Regione Emilia Romagna, al Nazareno si riapriranno le porte per Roberto Speranza, Pier Luigi Bersani, Massimo D'Alema. Il primo ad ammetterlo era stato proprio il governatore. Quindi è toccato a Elly, alla disperata rincorsa dell'altro candidato alle primarie di fine febbraio e bisognosa di "aprire" il più possibile il campo di potenziali elettori per poter aspirare davvero alla segreteria. D'altronde, un Pd "di sinistra" con tutti gli esponenti della Ditta protagonisti della scissione anti-renziana del 2017, sarebbe non solo in linea con il profilo radicale della Schlein (molto meno, per la verità, con quello di Bonaccini che fino a qualche anno fa era considerato molto vicino proprio a Renzi), ma pure presupposto perfetto per il matrimonio ufficiale con Giuseppe Conte e il populismo del Movimento 5 Stelle. Cosa possa comportare l'asse Pd-5 Stelle è presto detto: un'altra scissione dei cosiddetti moderati, smentita da tutti ma sempre sulla bocca dei candidati e sui taccuini dei retroscenisti.

 

 

 

 

Per la verità, la Schlein è stata ancora più esplicita di Bonaccini, spiegando di "sperare che Bersani e D'Alema" tornino a casa. Non un dialogo, ma un auspicio. Anche Speranza con lei ha un ottimo rapporto. L'unica tra i transfughi del Pd scettica, se non contraria rispetto a questo scenario è Rosy Bindi: "Non tornerò, il Pd può stare tranquillo".

 

 

 

Secondo Maria Teresa Meli, sul Corriere della Sera, "gli ex scissionisti si stanno attrezzando: chiuderanno il loro partito e lo trasformeranno in un'associazione («Cioè, un'altra corrente, l'ennesima», mastica amaro un autorevole dirigente dem). Ma non intendono rientrare dalla finestra, bensì dal portone principale, perciò chiedono a Letta (il segretario uscente, ndr) di varare il nuovo manifesto dei valori del Pd prima dell'elezione del segretario". Piccolo dettaglio: Enrico Letta, come ricorda la Meli, aveva già promesso di non far votare il nuovo manifesto dall'Assemblea che si riunisce questo fine settimana. I tempi stringono, e le polemiche (come quelle, surreali, sulla data slittata e il voto online) proseguono. 


 

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