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Superbonus, Giuseppe Conte la spara: "Cosa meno delle armi in Ucraina"

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Da un lato il percorso normativo per mettere a sistema soluzioni sui crediti incagliati. Dall’altro, invece, lo scontro politico sullo stop al meccanismo di cessione improntato dal governo. Ieri, Giuseppe Conte ha incontrato le rappresentanze di categoria, nell’auletta dei gruppi, con una delegazione del Movimento 5 Stelle. Una sorta di tavolo parallelo rispetto a quello messo in campo del governo, al termine del quale il leader pentastellato ha rilasciato alcune dichiarazioni, alcune delle quali senza risparmio di toni alti. «Io non ho mai detto che il superbonus era una misura che non costava niente allo Stato: è gratis per le famiglie, non per lo Stato. Ma fatemi capire: 3 miliardi di condono edilizio è gratis o no? Quando paghiamo per le società di calcio 800 milioni, per spalmare i loro debiti, è gratis o no?

Non c’è logica politica se parli solo della spesa, ma allora parla della spesa militare con cui vai ad ammazzare le persone e andiamo a fare le guerre. Il superbonus è un investimento», afferma. Tuttavia, non chiude la porta ad un confronto: «il Movimento 5 Stelle è disponibile. Ci sono allo stato varie soluzioni. Speriamo finalmente ci sia resipiscenza da parte del governo. C’è la questione dell’F24, c’è la possibilità di una cartolarizzazione, che però richiede tempi più lunghi, c’è la possibilità di fare intervenire partecipate dello Stato, enti locali, c’è un ventaglio di soluzioni tecniche. La domanda - osserva ancora il leader pentastellato - è se c’è la volontà di risolverlo questo problema, o c’è un pregiudizio politico?».

IN PARLAMENTO
Intanto, la macchina parlamentare si muove. Oggi in Commissione Finanze alla Camera sarà comunicata la lista delle audizioni sul decreto. Intorno al 23 marzo dovrebbe esserci il mandato al relatore e qualche giorno dopo, dovrebbe andare in Aula. Sempre ieri, peraltro, è arrivata un’analisi di Bankitalia, nel corso di un’audizione alla commissione finanze del Senato sugli incentivi fiscali: «Il Superbonus ha avuto un impatto assai significativo sul settore delle costruzioni», ha affermato Giacomo Ricotti, capo del servizio assistenza e consulenza fiscale di via Nazionale. Tuttavia «anche tenendo conto delle imposte e dei contributi sociali versati a fronte dell’aumento dell’attività del settore, gli oneri della misura per il bilancio pubblico restano comunque ingenti; sulla base di prime valutazioni, questi oneri netti hanno avuto un profilo crescente nel biennio, riflettendo la forte accelerazione nel ricorso alla misura». Considerazioni che vengono poi rilanciate da Nicola Calandrini, senatore di Fratelli d’Italia: «Gli oneri per i conti pubblici sono stati pesanti, mentre, grazie al blocco della misura, ci saranno margini per politiche di sviluppo e sociali».

 

A salvare in parte la misura è il “110% Monitor” di Nomisma che sottolinea, grazie allo strumento, un incremento di 641mila occupati nel settore delle costruzioni e 351mila nuovi posti di lavoro nei comparti collegati. Un impatto economico complessivo di 195,2 miliardi e un risparmio energetico in bolletta di 964 euro annui per chi abbia fatto i lavori. Tanto che l’amministratore delegato dell’istituto di ricerca Luca Dondi suggerisce: «La strategia dei bonus, e con essa la possibilità di cessione dei crediti non va archiviata ma solo ripensata e per farlo occorrono competenze ed equilibrio». Sugli effetti dei crediti incagliati arriva però l’allarme di Confindustria: «Ci sono migliaia di cantieri che rischiano di fermarsi, anche noi come industria dobbiamo assumerci le nostre responsabilità». E aggiunge: «Se il governo creasse condizioni per le cessioni di primo grado tra privati, le imprese potrebbero comprare i crediti che oggi sono fermi».

 

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