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Matteo Salvini, così ha salvato gli italiani e le loro auto

Fabio Rubini
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Nella vicenda del blocco alle auto diesel e benzina a partire dal 2035- al momento scongiurata - una cosa è certa: la Lega di Matteo Salvini aveva capito tutto. E prima di tutti gli altri. Per questo non stupisce che ieri l’edizione europea del Financial Times abbia dedicato l’apertura al ruolo che Matteo Salvini ha avuto nel convincere la Germania e altri Paesi a coalizzarsi per rimandare a data da destinarsi il bando del motori a combustione. Prima però va ricordato che la battaglia della Lega era partita da quella Lombardia che assieme al Piemonte - rappresenta il cuore pulsante dell’automotive, cioè l’insieme di quelle aziende che producono la componentistica con la quale i veicoli vengono assemblati. Fin dalla presentazione di quel provvedimento, da Palazzo Lombardia - sede del governo regionale - si era levata la voce di Guido Guidesi, assessore allo Sviluppo economico. L’appello in prima istanza venne raccolto dall’allora ministro allo Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti e da Matteo Salvini che l’ha fatta diventare una battaglia della Lega. Il motore - è proprio il caso di dirlo- però è statala Lombardia, perché il governo Draghi non poteva spingere più di tanto, visto che al suo interno aveva anche quel Centrosinistra che a Bruxelles ha sempre votato a favore del provvedimento.

 

 

 

Così Guidesi nel novembre scorso - quando all’orizzonte cominciava a stagliarsi il disastro che sarebbe seguito a questa decisione - è stato tra i promotori del tavolo di Lipsia, che ha messo a confronto i rappresentanti di 19 regioni europee (per l’Italia oltre alla Lombardia c’erano anche Piemonte, Abruzzo, Basilicata e Molise) in rappresentanza di 5 Paesi.
L’altra svolta sulla “questione 2035” è stata la nascita del governo Meloni, un esecutivo finalmente politico e di Centrodestra che si è presentato in Europa parlando a una sola voce.
E con un Matteo Salvini sulla tolda di comando del ministero chiave di questa vicenda: quello dei Trasporti. Fin dal primo giorno il vice premier ha iniziato a tessere una tela internazionale che lo ha portato a costruire un feeling politico con alcuni colleghi europei, a partire dal tedesco Volker Wissing, che Salvini ha ospitato al Mit lo scorso 31 gennaio in occasione di un bilaterale Italia-Germania proprio sul tema dell’automotive. In quei giorni molti fecero spallucce, non capendo che proprio da quell’incontro si stava posando la pietra angolare per un’alleanza italo-tedesca in grado di contrastare l’egemonia cinese e di mettere all’angolo la Francia, che ancora oggi - forte delle sue centrali nucleari - resta la più grande alleata del motore elettrico. Di più, dopo la Germania Salvini è riuscito a mettere d’accordo anche altri Paesi Ue come Repubblica Ceca o Bulgaria, in grado di formare quella massa critica che ha convinto il Consiglio dell’Unione europea - formato dai rappresentanti dei governi nazionalia rimandare a data da destinarsi lo stop alla produzione dei motori a benzina e diesel.
Un risultato importante, non solo per i 70mila posti di lavoro a rischio solo in Italia, ma anche per un governo che in Europa avrebbe dovuto essere trattato da paria e che invece ha messo a segno un colpo importante.

 

 

 

 

 

A spiegarci le motivazioni di questa vittoria è Alessandro Panza, eurodeputato leghista, che a lungo si è occupato della vicenda al Parlamento europeo. «Fin da subito avevamo evidenziato come la tempistica per l’uscita da quel tipo di motori era troppo stretta- spiega Panza -. Se si considera che lo sviluppo di un nuovo modello è di 6/7 anni, l’approvazione di questo regolamento avrebbe segnato il blocco di ogni tipo di sviluppo. E non ci hanno convinto nemmeno le ragioni della sinistra che diceva che il comparto avrebbe potuto riconvertirsi all’elettrico. Balle, visto che un motore a combustione ha il 40% in più di componentistica rispetto a quello elettrico.

 

 

 

Per fortuna prima la Germania e poi altri Paesi ci hanno ascoltato e insieme abbiamo frenato questa follia». Per Panza il momento della svolta è stato «la nascita del governo di Centrodestra. Da lì l’Europa ha iniziato a perderci sul serio». L’eurodeputato del Carroccio, infine, ci tiene a non passare per un non ambientalista: «A parte il fatto che sulla sostenibilità dell’elettrico ci sono molti dubbi... noi diciamo solo che ci sono altri tipi di carburanti (tipo l’idrogeno, ndr) a impatto zero che se sviluppati non provocherebbero la perdita di posti di lavoro». A questo punto, chiude Panza, le strade per il futuro di questo provvedimento sono due: «Il primo è che non si trovi un accordo a breve e che si rimandi tutto alla nuova Commissione che entrerà in carica il primo luglio 2024. La seconda è che venga concessa maggiore flessibilità con un’apertura agli eco-carburanti. E anche in questo caso i tempi dello stop a diesel e benzina slitterebbero».

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