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Osho, Elly Schlein e il pugno: la vignetta che sfida la satira di sinistra

Francesco Specchia
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Qualche tempo fa, Marco Dambrosio in arte Makkox - satirico talentoso quanto di sinistra militanza - propose al produttore Domenico Procacci l’idea per un film da fare.
«Nel film ci sono io che faccio una scuola di disegno per fasci. I vignettisti stanno tutti a sinistra, quelli a destra sono scarsi. L’unica eccezione è Osho, che ha trovato un suo format...», dichiarò alla Stampa lo sguardo sgualcito, l’approccio stazzonato di chi sembra sempre appena alzatosi dal letto. Aveva ragione, per inciso. Da questa parte della barricata l’unico vero talento prodotto dalla satira in tempi recenti è Federico Palmaroli alias Osho. Ossia l’uomo che con suoi meme conditi da battute in romanesco illumina d’allegria quel complesso d’inferiorità che, per anni, ha incupito la destra stitica al sorriso dai tempi di Longanesi e Montanelli (ai quali, però, la satira stava finanche stretta). Alla luce di questa premessa sono assai divertenti il botta- e-risposta, gli strali, i colpi di fioretto che i due si sono scambiati via Twitter.

 

 

 

BATTI E RIBATTI

Scrive, poeticamente, Osho: «Sui social dispensate morale e regole di condotta. Nella vita reale siete i peggio fiji de ‘na mignotta». Risponde Makkox: «Credo che sia una critica molto dura al governo e alla sua comunicazione (critica per la quale potresti ricevere molti attacchi, ma sono con te fratello)». Ancora Osho: «Ma in realtà era un fatto personale che ho generalizzato ed è stata fatta associazione con Cutro. Comunicazione sbagliata, certamente, come quella di indossare stivaloni col fango per coprire il vero fango». E, in ribattuta, ancora Makkox: «Quindi stai a gioca' per il pareggio, ehehehe». Chiosa di Osho: «Meglio sempre il pareggio che perdere con un autogol». Controchiosa di Makkox: «Mi sembra giusto:)». Naturalmente, in transluce, si avvertono velate (neanche troppo) critiche agli opposti universi d’appartenenza.
Botte all’extrasinistra di Schlein e alle avventure migratorie di Soumahoro, agli errori comunicativi di Piantedosi e al consiglio di ministri made in Cutro. Destra e sinistra satirica che si strattonano.

 

 

 

 

La novità è che lo fanno con battute al cianuro e una guerra dichiarata che nasconde, sotto sotto, un filo d’ammirazione e un reciproco rispetto. A memoria di cronista, questo non avveniva dai tempi in cui Fortebraccio sull’Unità e, appunto, Indro Montanelli sul Giornale si divertivano come pazzi a chi meglio flagellava educatamente l’avversario.

 

 

 

 

Eppure, anche Osho e Makkox non potrebbero esser più diversi. Il primo, Osho, classe ‘73, romanissimo di Monteverde, impiegato di giorno e micidiale battutista di notte, s’è inventato profili Facebook e Instagram - Le più belle frasi di Osho - da milioni di followers. E l’ha fatto rubando il nome a Osho Rajneesh un santone dalla barba esorbitante e dall’aspetto alla Bob Marley che, a metà degli anni Settanta, girava l’India fondando comunità e insegnando amore e meditazione; per poi trasferirsi in Oregon, negli Stati Uniti, e appassionarsi alle Rolls-Royce. Scippandogli il nome, Palmaroli espresse il segno d’un continuo perculare la sinistra radical chic. Il secondo, Makkox, classe ’65, viene da Formia con furore; ed è passato per Il Post, L’Espresso, Il Foglio finendo coprotagonista del Propaganda Live di Diego Bianchi/Zoro, programma di culto de La7 che per mission conclamata toglie da sempre la pelle al centrodestra. Anche tecnicamente sono agli antipodi. Makkox ha un tratto elegantissimo e filiforme – a volte mi ricorda Saul Steinberg, a volte Andrea Pazienza - usato su testo attraversato da metafore. Roba che fa molto terrazza romana, nonostante il finto piglio caciarone.

 

 

 


Osho, invece, è il Pasquino redivivo che utilizza la scompostezza fotografica dei politici come tabula su cui incidere col fuoco una battuta in romanesco invincibile; e che, di solito, come meme, diventa il baricentro grafico della prima pagina del Tempo. Anche politicamente attraversano da sempre mondi opposti. Quando, in tempi d’opposizione tenace, decise di dichiararsi amico di Giorgia Meloni, Osho dichiarò: «Quando ha iniziato a girare la voce che non ero orientato al pensiero unico ho detto: “Vabbè Ok. Rimarrò nella nicchietta, non farò nulla di importante”. Invece ho rotto uno steccato. Se vieni da questa parte devi essere bravo il doppio per accreditarti e cercare il più impossibile di essere imparziale. Io creco di esserlo sempre».

 

 

 


Quando, in tempi di governo Pd, non riusciva esplodere come avrebbe dovuto, Makkox affermò: «Scelgo di non coltivare il rancore perché ti porta via tempo, però ci sono stati periodi in cui le cose non andavano bene. Hai solo voglia di mordere. A casa non andava bene e volevo sfangarmela da solo. Non avevo istruzione, quindi ho iniziato dai lavori manuali. E lì è una giungla. Quindi quando vedo gli arrabbiati un po’ li capisco. Anche se non li giustifico».

 

SULLO SFONDO

Sullo sfondo del loro duello, nelle loro zanne pronto al morso reciproco, gli esegeti più raffinati oggi intravedono il duello tra Giorgia Meloni e Elly Schlein. In transluce è lo scontro tra destra e sinistra che hanno ritrovato la loro strada identitaria. Può darsi. Ma per me il discorso appare più banale. In tempi davvero grami per la satira, Osho e Makkok sono la fiammella che regge il tempo del massacro. I due, sono, in pratica due ex reietti della cultura di massa assurti, per le volute del destino, dallo status – direbbe Arbasino - di “giovane promessa” a quello di “venerati maestro”, senza passare dalla fase del “solito stronzo”. Per ora, almeno...

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