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25 aprile, Liberazione e fascisti: polemiche di chi non conosce la storia

Francesco Carella
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Quest’anno le polemiche sulla ricorrenza della Liberazione sono partite in anticipo, ma le ragioni che le sostengono sono ancora una volta riconducibili a una falsa narrazione degli eventi accaduti in Italia fra il ’43 e il ’45 incentrata sulla sostituzione della “storia reale con una storia alternativa”. In primo luogo, secondo la vulgata diffusa dalla sinistra, la Liberazione del nostro Paese sarebbe avvenuta grazie all’opera determinante e risolutiva delle azioni dei gruppi partigiani. Come sa, chi ha un minimo di conoscenza storica, l’Italia riconquista la libertà in forza dell’intervento delle Armate anglo-americane che liberano, dopo una lunga e non sempre facile campagna militare, la Penisola dagli occupanti nazisti. Inoltre, occorre ricordare che nella scelta di dare alla neonata Repubblica un sistema di democrazia rappresentativa un ruolo fondamentale viene svolto dal progetto rooseveltiano di “imperialismo democratico” elaborato fin nei minimi dettagli con il Conflitto ancora in corso.

 

 

 

Purtroppo, con le falsificazioni storiche non si costruiscono memorie comuni e la prova di ciò è che a distanza di 68 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale il 25 aprile continua ad essere una data sempre più lontana dal divenire un paradigma unitario e fondante per l’intera nazione. Ma la divisività, anche se taciuta per molti anni, era un fattore già presente all’interno della Resistenza e nel suo organo politico, il CLNAI, nelle cui fila coesistevano due famiglie distinte, quella liberal-democratica e quella socialcomunista, con una visione del mondo e un’idea dell’Italia futura diverse quante altre mai.

 

 

 

Mentre la componente liberal-democratica interpretava il fascismo come fenomeno politico transeunte considerando la lotta contro di esso come un mezzo per fare ritorno alla libertà, il gruppo socialcomunista non essendo in grado di distinguere, per cultura e dottrina, la natura dei regimi democratici da quelli autoritari interpretava il Ventennio come una pura reazione capitalistica. Talché la lotta di Liberazione non poteva che essere un mezzo attraverso il quale giungere all’instaurazione della “dittatura del proletariato contro la dittatura borghese”. 

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