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Giorgia Meloni, gli insulti di Repubblica per il video: "Wanna Marchi, velina, facsista"

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Un misto di insulti, livore e odio puro per un avversario politico. La sinistra si mobilita e sempre più soffia sul vento della rabbia sociale buona per contestare governo e premier. Inutile ricordare i richiami alla Lotta del primo paggio di Nicola Fratoianni ed è inutile citare l'annuncio di sciopero di Landini davanti a un aumento concreto delle buste paga a milioni di lavoratori. Adesso in prima fila, qualora ci fossero ancora dei dubbi, tra gli odiatori della Meloni c'è Repubblica. Il quotidiano sfodera due penne di peso come quelle di Francesco Merlo e Marco Belpoliti per azzannare il presidente del Consiglio.

Merlo usa le lettere dei lettori e a chi gli chiede il motivo per cui la Meloni non ha fatto la conferenza stampa dopo il Cdm preferendo un video sui social, risponde così: "Per pavidità e inadeguatezza. Nelle conferenze stampa, infatti, Giorgia Meloni perde le staffe ad ogni domanda, reagisce alle critiche con stizza e con il solito vittimismo aggressivo, ha un’intolleranza bambinesca per la mediazione giornalistica, non si controlla e “sbrocca”. E, dunque, per sfuggire al confronto, fugge dal suo ruolo e si esibisce e al tempo stesso si nasconde nel video autoprodotto. Ha un’infantile paura di sé stessa: Meloni ha paura di Meloni. Non è infatti la prima volta che si rifugia nel “video” che mi pare stia diventando il suo strumento, la sua cifra, la sua tana del coniglio. Il video diventa così un po’ il “balcone” dal quale si affaccia con spavalderia e un po’ la “velina” nella quale si rinchiude con codardia. Mostra un po’ di verità per nascondere la verità. E il nostro piccolo, ironico fascistometro vibra dinanzi a questa ennesima smorfiatura dell’Istituto Luce, che oggi non è ovviamente riproponibile, perché oggi più combatti il diritto di ficcare il naso nella realtà più ecciti quel diritto. E più il potere nasconde la paura, più la paura lo mostra e lo svela". Ma non finisce qui. Poco dopo a una lettrice che chiede a Merlo un'opinione sul Cdm convocato il Primo Maggio, arriva una risposta raggelante: "Si sono messi di buzzo buono a scavare la pietra con le loro gocce di fascismo. Ma quello di lavorare mente gli altri dormono era già il più frequentato luogo comune della retorica italiana: Conte, Renzi, Berlusconi, Andreotti, Craxi e, andando indietro, si arriva a Mussolini. Tutti lasciavano la luce sempre accesa".

 

E Belpoliti? Qui forse i toni sono ancora più irrispettosi, non tanto nei confronti del premier in quanto premier, ma del premier in quanto donna. L'editorialista di Repubblica commenta il video in cui la Meloni ha spiegato le misure in Cdm e afferma: " La camera è fissa sul Capo, sulla sua persona, sui suoi gesti; non indugia su mobili, soprammobili, specchi, decori, quadri. Lei va, cammina, si sposta, percorre le stanze del potere, le attraversa velocemente, quasi di corsa. La postura trasmette determinazione e fermezza. Usa le mani con veemenza accompagnando le parole con gesti che comunicano volontà: utilizza la mano destra tesa mentre le scandisce, poi entrambe le mani asserendo". Poi la prossemica si veste da finta ironia che nasconde un barile di veleno: "Gli indici sono punti esclamativi rivolti verso il basso o in alto per sottolineare ciò che afferma: è una maestra che sta spiegando la lezione agli allevI". Ma non finisce qui: "La cadenza in cui si esprime contempla sia la volontà d’imprimere nello spettatore una sensazione di forza che quella di convincere propria della venditrice — una Wanna Marchi, un po’ più sobria. Pur esibendo una grande sicumera Giorgia sa che deve convincere chi la guarda: sono elettori, forse persino tifosi, ma allo stesso tempo clienti da blandire con cifre e dati, per quanto snocciolati in modo rapido e veloce: incentivi, miglioramenti, aumenti, redditi bassi, benefit, detassazione, sicurezza, centri estivi, assegno unico, disabilità". Insomma Giorgia Meloni per Belpoliti è Wanna Marchi. Cosa altro aggiungere a questa fiera dell'odio?

 

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