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Gianfranco Fini, "perché lo chiamavano cappuccino": che schiaffo all'ex An

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Il soprannome di Gianfranco Fini? "Cappuccino". Non come un frate, ma come quello che beveva ai bar dove si rifugiava, da giovane, durante gli scontri di piazza tra comunisti e fascisti. Dei quali, per inciso, sulla carta era uno dei capi. Basta questo aneddoto a inquadrare il ritratto al veleno che Luigi Mascheroni sul Giornale verga dell'ex leader di Movimento sociale e Alleanza nazionale. Non proprio un cuor di leone, insomma, uno che ha sempre preferito "la politica del dire" a quella del "fare". Grande comunicatore di contenuti assenti, o quasi. Fino al paradosso di piacere di più a sinistra che a destra, con i progressisti che negli ultimi 20 anni almeno hanno bollato lui come "la buona destra", presentabile e democratica, contrapponendolo a quella "cattiva" di Silvio Berlusconi. Un giochino tornato di moda oggi, con Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. 

 

 

 

"Se dovesse andare male con Elly Schlein il Pd può sempre ripartire da Gianfranco Fini", sottolinea malizioso Mascheroni. L'ex vicepremier, in fondo, è sempre stato "immigrazionista (ha sempre amato quelle belle faccette nere). Ormai è un sincero antifascista (dimenticati i tempi del «Mussolini è stato il più grande statista del secolo»). È per lo Ius scholae, ma ancora un paio di ospitate da Lucia Annunziata e lo sarà anche per lo Ius soli. Si affida da tempi non sospetti a un ottimo armocromista (le famose cravatte rosa e gialle su abiti color Afrika Korps). È un europeista convinto: fosse per lui farebbe passare a tutti una bella vacanzina a Ventotene. Ma soprattutto - ecco il requisito che lo rende molto apprezzato a sinistra – fa subdolamente la fronda alla Meloni, la quale è riuscita dove lui ha fallito: arrivare al governo con i voti invece che con le trame di Palazzo. Che peccato che dieci anni fa se ne sia andato via così...".

 

 

 

La sua triste parabola politica, chiosa la firma del Giornale, potrebbe presto vederlo "in un grande rassemblement con Calenda, Conte e Elio Vito. Poi tutti a cena da Claudio Baglioni con Elly, Maurizio Landini, la Concita e Flavia Perina. Cin cin!". D'altronde, sparito per anni forse per far dimenticare agli elettori i suoi guai, oggi è tornato in auge (almeno in certi ambienti) per "dare consigli sul governo a Giorgia Meloni che ha preso un partito al 2% ed è arrivata a Palazzo Chigi. Fini padre della Patria subito".

 

 

 

 

Certo, molto merito se così si può dire va alla ospitata a Mezz'ora in più dalla Annunziata su Rai 3, che ha riacceso i fari su Fini e le polemiche nel mondo della destra. Una uscita, quella su Meloni e condanna del fascismo, che ha ricordato ai progressisti il loro antico seppur tardivo amore per Gianfry. Una corrispondenza di amorosi sensi, quando Fini diventò l'anti-Berlusconi, che spinse Oriana Fallaci a ironizzare: "Ma perché come capolista dell’Ulivo non si presenta Lei?". 

 

 

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