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Salone del Libro, la sinistra scopre che c'è cultura a destra

Francesco Specchia
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Inaugura oggi il Salone del Libro nell’era della destra e noi, beatamente storditi, usciti da mille Salon des Refusés, entriamo nell’antro torinese come tanti piccoli D’Annunzio attraversati dal fuoco dell’impresa di Fiume. Respireremo l’aria sanamente polverosa dei conservatori al potere. Caleremo come unni gentili tra gli stand progressisti che ancora dominano la scena artistica e editoriale. Brandiremo al cielo come arma L’egemonia culturale di Antonio Gramsci, il Sun Tsu della conoscenza: non a caso pubblicato dall’Historica editrice di Francesco Giubilei quel saggio segna oggi il record di vendita tra i lettori di destra, consci del fatto che per instaurare una nuova narrazione Gramsci è un livre de chevet. «Gramsci aveva capito che, oltre alla forza materiale, una classe per diventare dominante doveva impadronirsi di un bene più immateriale, cioè della capacità far apparire indiscutibili le proprie idee e i propri valori agli occhi della maggioranza», dice Walter Siti intellettuale su cui si può dir tutto tranne che sia di destra.

 


GUERRI E GLI ALTRI

Sicché, nonostante il Salone del Libro nell’ultima edizione di Nicola Lagioia resti astutamente progressista, siamo legittimati al leggero cambio di passo culturale. Non a caso il primo convegno in cui c’infileremo, tra i mille incastonati nelle kermesse, sarà La vita come opera d’arte, sottotitolo: «Un viaggio nell’inimitabile vita di Gabriele d’Annunzio con Giordano Bruno Guerri, storico e presidente del Vittoriale degli Italiani». Poi passeremo all’Omaggio a Benedetto Croce Filosofo liberale e conservatore con la nostra Lucia Esposito e Corrado Ocone. Transiteremo dalle parti di Eugenia Roccella che racconta Una famiglia radicale (Rubbettino): cioè la sua famiglia; da dove, forse in reazione all’educazione laica e libertaria impartitale da mamma e papà, la Ministra si è riconvertita ad un ultracattolicesimo di granito. E faremo una capatina alla presentazione dei mondi di Eliade (Omaggio a Mircea Eliade - I nuovi libri e i nuovi studi), storico delle religioni da sempre nel cuore della destra anni 70. E se proprio dovessimo abbeverarci a un solipsismo romantico, be’, ecco il ricordo pubblico dell’Avanguardia letteraria di Andrea Pinketts, noirista assoluto, uno che gli intellettuali fighetti alla Sartre li prendeva a testate. Questo per dire che, usciti dalla sindrome di accerchiamento, sanati i complessi d’inferiorità spesso emergenti dalla lettura del cult Fascisti immaginari di Lanna & Rossi; e trascorsa- vivaddio l’epoca infiammata del sovranismo e della reazione; be’, arrivati a questo punto, ecco dunque la folla dei meloniani nuovi e che avanza proponendo un Pantehon rimescolato. Certo: identità e difesa delle lingua madre, Dio, patria e famiglia, “rivoluzione dolce” restano i cardini della narrazione. Ma a scolorirsi sono via via, i vecchi miti del Movimento Sociale, a cominciare da Alain De Benoist che il 21 maggio presenterà al Salone il volume, La scomparsa dell’identità, la cui opera ci lascia completamente indifferenti, annoiati e talora irritati dall’eccesso di putinismo; ma privarlo della dignità di parola sarebbe un eccesso di fasciocomunismo.

 

DENTRO E FUORI

E il suddetto Pantheon, appunto, è tutto un Grand Hotel, gente che va e gente che viene: fuori Evola, Tolkien, Junger, Prezzolini, Longanesi, Mishima e dentro Fusco, Bianciardi, Fellini, Flaiano finanche Pasolini e lo spiritualissimo Buzzati. Guareschi e Montanelli si confermano un classico, Ansaldo arretra. Tra le giornaliste Oriana Fallaci su tutte ma anche Gianna Preda e Ilaria Alpi hanno il loro perché. Roger Scruton resta adattissimo per difendere l’ecologia da destra, senza passare da Greta Thunberg, Bonelli & Fratojanni. E si potrebbe andare avanti all’infinito, seguendo il sentiero della follia verso il palazzo della saggezza tracciato dalla convention di Fratelli d’Italia dell’aprile 2022. Laddove Meloni lanciatasi dal trampolino delle svariate anime culturali toccò, dal 4%, il 30% dei consensi. La destra ha preso il passo gramsciano, ma dalla parte opposta della barricata. L’unico rischio è quello che Andrea Morigi nel prossimo pamphlet Conservatori Storia e attualità di un pensiero politico (Ares), discettando amabilmente di Edmund Burke e dei conservatori americani chiama del “fusionismo”. Ossia la Torre di Babele delle ideologie. Ma si tratta d’un rischio calcolato. È già una conquista poter parlare nel tempio della sinistra editoriale di una cultura di destra al Salone, senza complessi di sorta, senza ritrovarti gli anarchici allo stand, e con lo sguardo volto alle stelle. Ps. Mentre accade tutto ciò la senatrice Fdi Paola Ambrogio cita un laboratorio di lettura organizzato dal mondo Lgbt e denuncia che al Salone si veicola l’ideologia gender per i bambini. A proposito di egemonia...

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