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M5s, anche Bonafede e Taverna si riciclano: per loro due poltronissime

Salvatore Dama
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Il protocollo è chiaro. Era chiaro: due mandati e poi a casa. Perché «la politica non è un mestiere», ma un servizio. E lo può fare chiunque. A turno. Questa era l’utopia di Gianroberto Casaleggio. Sulla quale era poggiato l’architrave del Movimento 5 Stelle degli esordi. Un non-partito che non aveva bisogno di avere una classe dirigente, un vertice, ma una organizzazione orizzontale: il famoso «uno vale uno». Poi, si sa, dall’intuizione alla messa in pratica qualcosa si rompe sempre. E si è rotto, infatti. L’ideologo non aveva messo in conto i bisogni dei suoi parlamentari-cyborg. Li immaginava senza voce, senza aspettative, senza ambizioni. E invece. In più mettici la seduzione che esercita il Palazzo. Quel poco (o tanto) di esercizio del potere. Il mensile a cinque zeri per chi, fino a poco prima, aveva un 730 da accattonaggio molesto. Risultato: chi ha provato il gusto della carriera politica ne è rimasto dipendente. Ed eccoci qui.

 

 

DA LUIGI AD ALFONSO 
Di Luigi Di Maio si sa tutto. Era il capo politico del Movimento 5 Stelle («L’unico intelligente», Beppe Grillo dixit), poi pluriministro. Poi leader degli scissionisti, che ha dato vita a un partito personale (Impegno civico). Operazione partita intempestivamente. Gigino si aspettava di prosciugare i 5s. Invece è rimasto a secco lui. Di voti. Appena uno zero virgola: fuori dal Parlamento, nonostante la ciambella ricevuta dal Partito democratico. Due legislature portate a termine, missione compiuta, no? No: Di Maio sarà il nuovo inviato dell’Ue nel Golfo Persico. Incarico ricevuto in quanto ex ministro degli Esteri e per intercessione di Mario Draghi: 12mila euro al mese, diaria, regime fiscale agevolato, passaporto diplomatico. Mica male.
Poi c’è il caso “Bonafede”.

 

 

Nel senso di Alfonso. L’ex ministro della Giustizia, che ha il merito (?) di aver scoperto Giuseppe Conte coinvolgendolo in politica, non se la passa male. Pure lui ha sconvolto la regola dei due mandati. O meglio, ha lasciato la carica parlamentare, ma è stato eletto consigliere laico del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria (con i voti del centrodestra). E gli altri? C’è chi davvero ha seguito il paradigma pentastellato: due mandati e poi a casa, alla vita di prima. Danilo Toninelli è tornato a fare l’assicuratore. Sergio Battelli ha annunciato l’intenzione di aprire un chiringuito in Spagna. Stefano Buffagli è tornato al suo studio di commercialista. Lucia Azzolina fa la preside a Siracusa. Francesco D’Uva è ufficiale nella Marina Militare.

Alessio Villarosa ha preso in gestione uno stabilimento balneare a Barcellona Pozzo di Gotto. Riccardo Fraccaro e Angelo Tofalo stanno provando a mettere a frutto nel privato i contatti e le esperienze maturate nel corso della permanenza ministeriale. Il primo con consulenze nel settore dell’energia, il secondo nella cyber-sicurezza. Poi ci sono quelli che non riescono a staccarsi dal Palazzo. Troppi ricordi. E hanno accettato una retrocessione. Da onorevoli a collaboratori. Si tratta di Vito Crimi e Paola Taverna, assunti dai gruppi grillini alla Camera e al Senato come consulenti. Con un contratto da 70mila euro. A testa.

SOTTO ALTRE BANDIERE 
Infine ci sono i cambi di casacca. Alcuni portati a termine, altri naufragati. Giancarlo Cancellieri, ex vice ministro alle Infrastrutture e sottosegretario al Mit, è passato con Forza Italia. Laura Castelli, parlamentare grillina e vice ministra all’Economia, è diventata la portavoce di “Sud chiama Nord”, il partito fondato da Cateno De Luca. Dino Giarrusso ha provato a passare dai 5s al Partito democratico. Ma quelli non l’hanno voluto, tirando fuori tutti gli insulti ricevuti in passato dal diretto interessato. Federico Pizzarotti, ex sindaco di Parma ed eretico della prima ora, è diventato presidente di +Europa. Max Bugani, protogrillino, oggi è assessore con i dem a Bologna. Nicola Morra e Barbara Lezzi, altri due parlamentari arrivati al limite dei mandati, hanno costituito un’associazione politica che si chiama “Equa”. E non escludono il ritorno. Come il Califfo. 

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