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Giorgia Meloni, avanti tutta in silenzio: il piano-giustizia

F.C.
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Il giorno in cui l’Anm e il suo presidente Giuseppe Santalucia intimano al governo di non procedere con le riforme annunciate e la tensione tra magistratura e politica raggiunge livelli “berlusconiani”, Giorgia Meloni e i suoi scelgono di non replicare. Preferiscono non ingaggiare uno scontro diretto, nella convinzione che sia proprio questo ciò che Santalucia va cercando.

Si ripromettono di rispondere con i fatti, mostrandosi più forti delle pressioni e delle «interferenze giudiziarie» e tirando dritti su quelle riforme che l’Anm chiede di non fare. «Santalucia si commenta da solo», spiegano a palazzo Chigi. Aggiungendo che la preoccupazione della premier è un’altra: accelerare l’approvazione del disegno di legge di riforma della giustizia penale già presentato da Carlo Nordio e integrarlo con altri interventi: la revisione delle norme che consentono al gip di imporre l’imputazione coatta dell’indagato in caso di richiesta di archiviazione del pm (una «irrazionalità» dell’ordinamento, l’ha chiamata il guardasigilli), la separazione delle carriere e ogni ulteriore correzione che si riterrà necessaria.

Questo non vuol dire che l’uscita di Santalucia sia passata inosservata: al contrario, ha sorpreso perla durezza dei toni, ma ancora di più per gli argomenti usati dal magistrato, ritenuti surreali. Anche nei confronti del sottosegretario alla presidenza del consiglio Alfredo Mantovano, criticato dal capo dell’Anm per aver denunciato venerdì sera, dal palco della festa della Uil a Bari, «il problema dell’interferenza di alcune iniziative giudiziarie sull’attività politica». Parole nelle quali Santalucia sostiene di non vedere «traccia di razionalità istituzionale».

Eppure il discorso di Mantovano era chiaro e non si riferiva solo ai recenti casi di Daniela Santanché e Andrea Delmastro. Il sottosegretario ha ricordato che anche i governi di Romano Prodi e di Matteo Renzi, e la commissione bicamerale guidata da Massimo D’Alema, subirono interferenze pesanti da parte del potere giudiziario ogni volta in cui provarono a fare certe riforme. «Con tutto l’equilibrio possibile», ha detto Mantovano, «questo problema dovremmo porcelo tutti, qualunque sia il ruolo, e provare a superarlo senza contrapposizioni che non fanno bene a nessuno».

 

 

«L’ANM RICORDI PALAMARA» 
Negli uffici della Meloni non si comprende come l’Anm possa negare l’esistenza di simili interferenze. Il compito di rispondere al capo del sindacato delle toghe è affidato però a Lucio Malan, che non ha incarichi di governo, ma riveste il ruolo di capogruppo di Fdi in Senato: «Il dottor Santalucia mostra di ritenere che il sottosegretario si riferisse ai casi Santanchè e Delmastro, quando invece egli ha detto chiaramente che parlava di un fenomeno che in trent’anni ha colpito tutti i governi». Al presidente dell’Anm, Malan ricorda anche che «chi più ha parlato di queste interferenze è stato un predecessore di Giuseppe Santalucia, Luca Palamara, che sul tema ha scritto due libri da cui emerge un quadro non molto rassicurante. Credo dovrebbe essere interesse di tutte le forze politiche e della magistratura trovare le soluzioni per far fronte a una realtà che è difficile negare». 

 

 

Dalla presidenza del consiglio avvertono quindi che la linea tenuta da Mantovano l’altra sera sarà quella di tutto l’esecutivo: «Questo governo non rinuncerà mai ad intervenire ogni volta in cui ci saranno interferenze giudiziarie nelle dinamiche democratiche» e riapparirà «l’uso politico della giustizia». Il «non ci faremo condizionare» vale anche nel caso del ministro Santanchè. Né la presidente del consiglio né nessun altro le chiederà di dimettersi, e se il Pd e i Cinque Stelle tireranno dritti nel proposito di presentare una mozione di sfiducia individuale contro di lei, il centrodestra si schiererà a testuggine per difenderla. Nelle prossime ore, intanto, è previsto il ritorno di Sergio Mattarella dal Sud America. Sinora il capo dello Stato, nonché presidente del Csm, si è limitato ad informarsi su ciò che accadeva a Roma, senza intervenire. Un silenzio che non potrà durare, se il livello della polemica tra governo e magistratura dovesse restare questo. Tanto le toghe coinvolte quanto il governo si aspettano da lui parole nette, e sarà interessante vedere se una delle due parti avrà il conforto della prima carica dello Stato.

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